martedì 8 febbraio 2011

- Una storia italiana - episodio 14: I grandi appuntamenti.


I GRANDI APPUNTAMENTI

Il primo Congresso Nazionale di Forza Italia, la mobilitazione contro il fisco ingiusto e le manifestazioni per l’ordine e la sicurezza. Tre tappe fondamentali nel percorso politico di Silvio Berlusconi

Milano, Forum d’Assago. 16 aprile 1998. Silvio Berlusconi apre ufficialmente il primo Congresso Nazionale di Forza Italia. Davanti a migliaia di convenuti – a centinaia di ospiti e di rappresentanti della stampa di tutta Europa –, il Presidente inizia il suo appassionato discorso. È orgoglioso: “Siamo qui, finalmente. A qualcuno dei nostri molti critici non sembrerà neppure vero, e forse gli dispiacerà, perché il partito di plastica, il partito virtuale, il partito aziendale, questo partito che non c’è, indiscutibilmente, incontestabilmente c’è”. Un boato d’applausi. Nelle parole del Presidente si ritrova tutto il movimento. Il congresso inizia. Entusiasmo, certo, ma un dato è incontrovertibile: quattro anni dopo la sua fondazione, Forza Italia è presente e radicata in tutto il Paese e “dopo aver raccolto le adesioni di centoquarantamila azzurri, dato vita a 117 congressi in tutte le province e le principali città d’Italia, dopo aver eletto oltre tremila dirigenti e delegati a questo congresso, Forza Italia è qui”. Per di più, come Berlusconi ricorda dal podio, i sondaggi indicano Forza Italia come il primo partito italiano, un’indicazione che sarà ampiamente confermata da tutte le elezioni successive. Il Congresso deve fissare le linee politiche del partito e una strategia a lungo termine, capaci di riportare il Polo delle Libertà al governo del Paese; da qui la centralità dell’ambizioso documento programmatico, frutto del lavoro delle commissioni, che i congressisti sono chiamati a giudicare e votare. Emerge così dai lavori d’Assago un partito di valori e di programma, decisamente collocato al centro del sistema politico. Ma senza ritorni al passato. A chi vede negli Azzurri la continuazione aggiornata della vecchia Democrazia Cristiana, Berlusconi risponde che Forza Italia “è un partito liberale ma non elitario, anzi un partito liberaldemocratico popolare, è un partito cattolico ma non confessionale, è un partito laico ma non intollerante e laicista, è un partito nazionale ma non centralista” (ecco da chi ha copiato Veltroni! E' proprio vero: senza Silvio non ci sarebbe nessuna sinistra...). Nel corso del Congresso il Presidente riconferma la sua stima verso gli alleati, Alleanza Nazionale e il Centro Cristiano Democratico e, allo stesso tempo, apre la porta a nuovi contributi, nuove energie politiche e culturali. Sarà, nel tempo, il caso di Francesco Cossiga, di importanti settori della diaspora cattolica e socialista e persino dei repubblicani di La Malfa. Quelle giornate vedono anche una prima, cauta apertura alla Lega Nord. Pochi la colgono, ma Bossi da quel momento inizia un lento riavvicinamento verso il Polo delle Libertà e il suo leader. Il congresso – che si chiude il 18 aprile volutamente (cinquant’anni esatti dopo quel 18 aprile del 1948, il giorno in cui gli italiani scelsero l’occidente, la democrazia e la libertà) con una impressionante manifestazione di popolo in piazza Duomo a Milano – segna un indiscutibile successo. La stampa nazionale ed estera riconosce che Forza Italia è un soggetto politico stabile e credibile, con una sua identità originale e, soprattutto, con la capacità di esprimere una forte cultura di governo. Dai club e dai comitati elettorali è nato un nuovo movimento politico. Come dirà il Presidente nel suo discorso di piazza Duomo: “Oggi, in questa piazza, parla un partito che è ormai radicato nella fiducia di milioni di italiani, una fiducia rinnovata e accresciuta in ogni prova elettorale; un partito che compete per rappresentare la maggioranza degli italiani, che la rappresenta al Parlamento europeo, che governa Regioni, Comuni e Province d’Italia, che si è dato una classe dirigente e un’organizzazione che ha superato brillantemente la prova del suo primo Congresso. Il partito attorno al quale si raccoglie il Polo delle libertà. Qui c’è il futuro. Ma il futuro non arriva da solo. Tutti insieme, adesso, dobbiamo lavorare nelle nostre città per costruirlo, per dare vera libertà al nostro Paese, per il bene della nostra Nazione e di tutti gli italiani, tutti insieme, uniti nel nome di Forza Italia, nel segno della libertà e della democrazia. Da domani la splendida Italia che voi rappresentate si rimette al passo con i suoi doveri quotidiani, con le sue speranze e le sue trepidazioni, con la sua gioia di vivere e la sua infaticabile capacità di lavoro e di innovazione”.


MOZIONE CONCLUSIVA DEL 1° CONGRESSO NAZIONALE DI FORZA ITALIA

Milano 16 - 18 aprile 1998

Il Congresso, ascoltata la relazione del Presidente Silvio Berlusconi, la approva (avrebbe potuto fare altrimenti...?). Preso atto, inoltre, delle conclusioni a cui sono pervenute le otto Commissioni di lavoro, le fa proprie. In particolare, alla luce dell’ampia e approfondita discussione politica svoltasi sulla relazione del Presidente Berlusconi, sottolinea i seguenti punti:

1. La netta opposizione di Forza Italia al governo Prodi e alla maggioranza delle sinistre che tendono a una sistematica occupazione di tutti i posti di potere e a un soffocante controllo delle istituzioni della società e del mercato (facendo persino a meno di gente come Bertolaso e Alemanno!).

2. Il confermato impegno a realizzare una riforma dello Stato che Forza Italia per prima ha chiesto in Parlamento. Limite allo statalismo invadente, primato della società civile, reali strumenti di autogoverno locale, Senato delle autonomie, un Presidente eletto direttamente e dotato di reali poteri, il Federalismo, una Giustizia fondata sulla garanzia dell’assoluta imparzialità dei giudici, sono le condizioni indispensabili per portare a livello europeo le nostre istituzioni (13 anni dopo, 9 dei quali passati al Governo, stiamo ancora là: Federalismo, Giustizia...).

3. Il Polo per le Libertà rappresenta oggi per la democrazia italiana lo strumento insostituibile per garantire ai cittadini l’evoluzione verso il bipolarismo e per assicurare quella funzione di opposizione che è essenziale in qualsiasi democrazia. Per costruire la necessaria alternativa alle sinistre occorre, inoltre, dar vita ad una alleanza politica e programmatica di tutte le forze moderate.

4. Con il suo Primo congresso nazionale Forza Italia raccoglie e rilancia la sfida per la crescente affermazione di un movimento politico che dia forza e voce alla società civile, ai ceti medi produttivi, alle categorie sociali più deboli, a tutti i cittadini che sentono insopprimibile il bisogno di realizzare i loro diritti di libertà.


IL TAX DAY MENO TASSE PIÙ SVILUPPO

Verona, 28 maggio 1999. Nella città scaligera, una delle capitali economiche del Nord-Est italiano, Silvio Berlusconi lancia la sua battaglia “contro il fisco ingiusto”. Collegato via satellite con altre 108 città italiane, il Presidente di Forza Italia ribadisce la sua opposizione al regime delle tasse ingiuste: è il “tax day”. Ai veronesi e alle migliaia e migliaia di elettori e simpatizzanti raccolti lungo la penisola, in sale, piazze, cinema, teatri e palazzetti dello sport, Berlusconi anticipa i cardini del progetto fiscale di Forza Italia. Si tratta di una “rivoluzione copernicana” che prevede un modello di società con meno tasse e più sviluppo. Una battaglia contro un fisco oppressivo, in nome del concetto di “giusta imposta”, di quella “norma di diritto naturale che ci dice che pagare le tasse è giusto, a patto che si tratti di una giusta imposta. Voglio dire che riconoscere allo Stato un terzo di quanto si è guadagnato è ammissibile, farsi portare via più del 50 per cento è inaccettabile” (Italia, 2010: la pressione fiscale è al 47%. 11 anni trascorsi invano). Per Berlusconi a Verona quel 28 maggio non è una semplice manifestazione di partito, ma l’occasione per presentare all’intera Nazione un progetto organico e alternativo di governo. E lo fa con chiarezza e determinazione. Inizia con una denuncia: “La ricetta delle sinistre prevede più tasse. Ma più tasse significa meno sviluppo, meno sviluppo significa più disoccupazione, più disoccupazione significa più povertà. Il nostro schema al contrario si fonda su una diversa equazione: meno tasse uguale più investimenti, più investimenti uguale più sviluppo, più sviluppo uguale meno disoccupazione, meno disoccupazione uguale più ricchezza”. Dunque, il progetto: “Meno tasse sia per le imprese, gravate da un prelievo fiscale che è il più alto in Europa, sia per le famiglie, che vedono la loro capacità di spesa e di risparmio ridursi sempre di più”. Si deve arrivare a un Codice fiscale unico, con “norme chiare e comprensibili da tutti”. E poi, ridurre a due le aliquote Irpef con un’area di esenzione totale per quanti abbiano redditi inferiori ai 20-22 milioni, con un’aliquota del 23 per cento per i redditi sino a 200 milioni e una del 33 per cento per quelli superiori. Il progetto prevede anche la graduale riduzione dell’Irap, la soppressione delle imposte sulle successioni e sulle donazioni. Da cento imposte si deve passare a poche imposte principali. “La nostra ricetta”, sostiene Berlusconi, “si ispira a quella della signora Thatcher e del Presidente Reagan. E non solo. Il premier spagnolo Aznar nei primi tre anni del suo governo ha realizzato, applicando quanto a noi è stato impedito di fare con la caduta del nostro Governo nel 1994, una crescita del prodotto interno lordo del quattro per cento all’anno, con la creazione, in una economia che è la metà della nostra, di quattrocentomila nuovi posti di lavoro ogni anno”. Un programma ambizioso ma possibile, a condizione che si ripensi “la macchina amministrativa dello Stato, una macchina nella quale il tempo si è fermato da decenni, mentre il mondo attorno si è informatizzato e viaggia su Internet. Bisogna costruire uno Stato “leggero” che faccia poche cose ma le faccia bene, e che per il resto ceda il passo ai privati, secondo quel concetto di sussidiarietà che è uno dei cardini della nostra concezione dello Stato liberale”. Ma, al di là dei programmi, delle cifre, delle previsioni, vi è un punto in particolare su cui il leader di Forza Italia si è soffermato nel suo discorso veronese. Riguarda le categorie più deboli, gli anziani, i pensionati, un punto fondamentale, irrinunciabile: “… Per una famiglia formata da una persona di 75 anni con coniuge, con un reddito inferiore ai 22 milioni, per queste famiglie noi diciamo che non ci deve essere neppure la preoccupazione di fare la dichiarazione dei redditi, perché a un certo momento della vita si ha il diritto di vivere sereni, si ha il diritto, dopo aver tanto dato, finalmente di ricevere!”.

FISCO

Le 10 proposte di Forza Italia

1 Riedizione della Legge Tremonti sulla detassazione degli utili

reinvestiti dalle imprese

2 Abolizione della tassa sulle successioni

3 Abolizione della tassa sulle donazioni

4 Esenzione totale per i redditi sotto i 20-22 milioni

5 Aliquota del 23% per i redditi da 22 a 200 milioni

6 Aliquota massima del 33% per i redditi superiori ai 200 milioni

7 Facilitazioni per l’emersione delle imprese dal sommerso

8 Passaggio dalle cento imposte attuali a poche imposte principali

9 Distribuzione del carico fiscale dalle persone ai consumi

10 Unico Codice delle leggi fiscali con l’abrogazione delle

oltre 3000 leggi attuali.

(11 Neppure una parola sugli evasori)




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1 commento:

Matthew ha detto...

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