lunedì 31 gennaio 2011

WOW!

Dicono che suoni come gli Interpol...


È proprio un periodo del cazzo.
Vorrei che fosse l'ultima volta, non doverlo pensare mentre sollevo un bicchiere di Menabrea... un dente sensibile al freddo.
Stronzate! Bollette da 300€, tasse da pagare e forse more, computer che mi abbandona, voglia di cambiare per troppo tempo rinchiusa nella mia testa che sta per esplodere.
Progetti abbandonati, nuovi e vecchi, da riprendere.
Il balcone che dà sulla Dora ospitava (e ancora lo fa, ne resta ancora una) casse di birre vuote.
Un progetto di video che doveva rappresentare l'oppressione/compagnia delle bionde che spuntano in ogni cassetto, armadio, ovviamente frigo e ovunque avessi voluto indirizzare la camera; video di un pezzo strumentale intitolato “Non puoi chiedermi di aspettarti per sempre / Sunshine”.
Mi sembra di averle bevute ieri sera, tutte quante.
Avevo bisogno di WOW.
Non me ne frega niente di fare una recensione del disco, sarà che è una cosa che un po' odio.
La puzza, leggere un'opinione che si atteggia ad oggettività... fanculo.
Cmq, se proprio volete, Ondarock Rockit Rockol.

Ma è un disco che mi sento di consigliare. Un doppio LP, 27 tracce, “l'album bianco dei Verdena”, scherzò l'amico.
Per me è sorprendente, ancora più di Requiem. Sono stati necessari più ascolti, non ci sono brani che colpiscono; sono tutti brevi, intensi. Lo trovo un lavoro eccellente.







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sabato 29 gennaio 2011

- Una storia italiana - episodio 13: La traversata del deserto.

LA TRAVERSATA DEL DESERTO

Dopo il golpe giudiziario del ‘94 per Forza Italia si apre la lunga stagione dell’opposizione. A dispetto degli avversari, il movimento di Berlusconi non si dissolve, non si scioglie ma continua a crescere e a vincere

Sin dall’inizio Silvio Berlusconi pensò a Forza Italia come a un movimento che fosse l’esatta antitesi delle strutture chiuse, burocratiche, asfittiche dei partiti rimasti sulla scena italiana per quasi mezzo secolo. Più volte nella primavera del 1994, presentando Forza Italia, il Presidente sottolineò che il suo voleva essere “un movimento e un cartello elettorale per cittadini che nascono ora alla politica ma non la intendono come un mestiere a vita; per gli italiani che sono radicati nella società e nei suoi problemi e che conoscono dal basso e da vicino il dramma degli ospedali e dei tribunali superaffollati, delle scuole fatiscenti, dei servizi che non funzionano, del debito pubblico, delle tasse inique, del lavoro che manca”. Su queste coordinate sbocciarono migliaia di Club Forza Italia e, da Milano a Trapani, da Bari a Trieste, l’Italia si scoprì azzurra. Un successo unico, imprevisto, che sorprese gli avversari. Qualcuno in quei giorni convulsi paragonò il movimento appena nato a “una macchina formidabile, allestita con criteri così nuovi da non poter essere confrontata ai vecchi partiti”. Meno enfaticamente, Berlusconi ha ricordato proprio al Primo Congresso di Milano che Forza Italia fu subito “il partito dei valori e dei programmi che è il contrario dei vecchi partiti, dei partiti ideologici, quelli che nascono da un’ideologia consolidata e da un gruppo organizzato di militanti, quelli per intenderci che non tengono in gran conto il programma, che anzi lo considerano carta straccia (si rischia l'ovvietà dicendo che per considerare carta straccia un programma, bisogna prima avercelo, come minimo)”. Ma a partire dal 1995 Forza Italia, passata all’opposizione dopo il “golpe politico-giudiziario”, fu obbligata a ripensare la propria struttura organizzativa. L’entusiasmo dei Club, l’intuizione dei comitati elettorali, non potevano bastare per affrontare i nuovi, gravosi impegni: dunque che fare? Berlusconi si trovò dinnanzi a una scelta difficile: poiché “volevamo continuare a restare liberi dai vincoli di un’organizzazione. Pensavamo che fosse giusto proseguire così e fummo comitato elettorale per le elezioni europee del 1994 e per le elezioni regionali del 1995. Cominciammo a cambiare idea quando vedemmo che era elevatissimo il numero delle schede recanti il voto per Forza Italia che venivano annullate. Cambiammo definitivamente idea quando vedemmo quante schede furono annullate nelle elezioni politiche del 1996 (all'epoca le politiche del 2006 erano ancora molto distanti, dunque ha avuto tutto il tempo per studiare e non farsi trovare impreparato...)”. In questi anni travagliati Forza Italia si è man mano strutturata, organizzata, diversificata, selezionando un gruppo dirigente efficace e coeso, senza perdere tuttavia il suo slancio iniziale, la sua originalità. Anzi. Berlusconi in prima persona ha vegliato sulle sorti della sua “creatura” politica, preservando i caratteri innovativi della compagine azzurra. Indicativa al riguardo la dichiarazione fatta dal Presidente alla Prima assemblea di Azzurro Donna: “Non vogliamo che Forza Italia diventi un marchio che qualcuno possa utilizzare per propri interessi personali. Il nostro statuto ci consente di intervenire per conservare integro il fondamento ideale di Forza Italia, cacciando i mercanti dal Tempio. Questo, ve l’assicuro, siamo decisissimi a farlo”. Nessuno spazio, dunque, a chi approfitta, a chi divide, a chi tradisce lo spirito di Forza Italia. Su queste coordinate, il movimento continua a crescere. E a chi lo accusa d’aver creato un partito-azienda, Berlusconi risponde: “È un’accusa tanto maliziosa quanto infondata. La risposta migliore è nei fatti, nella storia di questi anni, nell’entusiasmo e nella passione delle migliaia e migliaia di nostri azzurri che fanno ormai di Forza Italia l’unico vero e grande partito popolare d’Italia. È difficile pensare che un partito-azienda, come qualcuno lo ha voluto definire, sottoposto a prove durissime e a pressioni di ogni genere, possa continuare a raccogliere per così tante elezioni consecutive così tanti milioni di voti. Altro che partito-azienda: il nostro è il partito-baluardo della libertà e della democrazia in Italia”.


IN DIFESA DELLA SOVRANITÀ POPOLARE

Gli interventi raccolti in questo libro che ho voluto intitolare “Discorsi per la democrazia”, scandiscono e documentano il periodo di transizione della nostra storia repubblicana che è succeduto alla cosiddetta “rivoluzione giudiziaria”. Dal mio discorso programmatico alle Camere del maggio 1994 fino all’ultimo dibattito del novembre 2000, c’è tutto il percorso di un periodo storico durante il quale i principi fondamentali della democrazia sono stati violati e piegati a interessi di parte, i diritti dei cittadini sono stati diminuiti e conculcati, la volontà degli elettori è stata dimenticata e tradita, il governo del Paese è stato consegnato a chi non aveva ricevuto nessuna legittimazione elettorale, e quindi nessuna legittimazione politica e morale (pericolo quanto mai attuale!). Tutti i miei discorsi in Parlamento riflettono questa drammatica realtà e hanno come filo conduttore l’imperativo di tornare a un corretto svolgersi della vita democratica, per porre fine a una cultura e a una pratica politica che ha rispettato soltanto nella forma, ma non nella sostanza, le regole irrinunciabili della democrazia. In ciascuno dei miei interventi ribadisco tenacemente un concetto: la democrazia tornerà solo quando tornerà a valere la reale volontà del popolo, il voto liberamente espresso dagli elettori e fedelmente rispettato dagli eletti. Questo libro documenta anche la “traversata del deserto” che ci ha impegnato in modo incessante, assoluto e perfino doloroso, dal 1994 a oggi, in un duro lavoro di opposizione in Parlamento e di dialogo costante con i cittadini nel Paese. Sono state infinite e quasi senza interruzioni, in questi anni, le prove elettorali per le amministrazioni locali, per l’Europa, per i referendum che abbiamo sostenuto e vinto affinché non si spegnesse la fiamma della libertà e Forza Italia, con la coalizione resa più ampia e più ricca con il passaggio dal Polo alla Casa delle libertà, continuasse a esistere, a resistere e a crescere per tenere in vita la concreta speranza di una alternanza e di un cambiamento. Già questo è stato un miracolo vero, un miracolo che si perfezionerà con la riconquista e il ripristino di una piena ed effettiva democrazia quando sarà concessa finalmente agli italiani la possibilità di votare e di decidere, con il loro voto, da chi vogliono essere governati. Ogni passaggio di questi discorsi è permeato dal rispetto profondo, quasi sacrale, che sento nei confronti del Parlamento come massima istituzione della sovranità popolare (e mai oserebbe oltraggiare la sacralità del Parlamento tipo, che so, presentandosi soltanto per la fiducia o addormentandosi durante le sedute!). Questo sentimento mi ha spinto a preparare i miei interventi parlamentari, sin da quello di insediamento del mio primo Governo, in modo diverso rispetto a quello consueto dei discorsi “a braccio” per i quali ho sempre utilizzato la tecnica della “scaletta” lasciando al contatto immediato con gli ascoltatori, alle loro reazioni, all’atmosfera dell’incontro la scelta delle espressioni, delle aggettivazioni, delle iterazioni, del tono e del ritmo dell’intervento. Questi trentuno discorsi e i tre interventi pronunciati in occasione delle grandi manifestazioni popolari di Forza Italia sono il risultato di un lavoro accurato e di un’attenzione ai particolari quasi spasmodica. Ho corretto e ricorretto, ho precisato e limato sino all’ultimo momento ogni passaggio, ogni concetto, ogni parola, ogni sfumatura. L’obiettivo costante è stato quello di una limpida chiarezza utilizzando un linguaggio semplice ma solenne nel tono, il più lontano possibile dagli stereotipi e dalla retorica della politica politicante. Ogni testo è stato discusso con i miei più vicini collaboratori, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti, e poi riletto criticamente con i presidenti dei gruppi parlamentari di Forza Italia Beppe Pisanu ed Enrico La Loggia. A loro va il mio più affettuoso e riconoscente ringraziamento. Chi avrà la pazienza di leggere anche solo alcuni di questi discorsi potrà valutare, infine, la continuità e la coerenza della mia azione politica e dei miei progetti per cambiare l’Italia, e potrà comprendere meglio le ragioni profonde che mi hanno spinto a mettere la mia esperienza di uomo del fare, le mie energie e tutto mé stesso al servizio del mio Paese e dei miei concittadini che, come me, hanno avuto la fortuna di nascere, di vivere e di lavorare in questa nostra straordinaria terra e vogliono continuare a farlo da donne e da uomini liberi.

Silvio Berlusconi

Arcore, 31 gennaio 2001 (non sembra che siano passati dieci anni esatti...)



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venerdì 21 gennaio 2011

- Una storia italiana - episodio 12: Il primo Governo.



IL PRIMO GOVERNO BERLUSCONI

Dopo la vittoria del 28 marzo, Berlusconi riceve il mandato per formare un nuovo esecutivo. Si apre così una stagione intensa ma troppo breve

28 marzo 1994. Ore 22.00. Le urne sono chiuse. C’è grande attesa. È appena terminata una delle più aspre campagne elettorali della storia italiana. Ancora una volta i cittadini hanno la convinzione di vivere una fase cruciale, decisiva. Come per le elezioni del 18 aprile 1948, che decretarono la sconfitta dei comunisti e la vittoria delle forze democratiche e occidentali, a scontrarsi sono due filosofie, due diverse visioni del mondo, della società e dello Stato, due opposti modelli di sviluppo (le premesse sembrano prese pari pari dalla sceneggiatura di Rocky IV!). Le televisioni trasmettono i primi exit poll. Il verdetto è inequivocabile. La Rai con la Cirm, le reti Fininvest con la Doxa, Telemontecarlo con la Directa danno il Polo delle Libertà in vantaggio. Silvio Berlusconi ha vinto, la sinistra subisce una pesante sconfitta. L’emozione in tutto il Paese è enorme (Emilio Fede a stento trattiene le lacrime...). Il 27 aprile, a un mese dalle elezioni, il Capo dello Stato affida a Berlusconi l’incarico di formare il nuovo Governo che otterrà la fiducia del Parlamento il 18 maggio. Il consenso popolare per Forza Italia, espresso nelle consultazioni politiche del marzo 1994, viene confermato alle Europee del giugno successivo. Il partito di Silvio Berlusconi si rafforza ulteriormente e ottiene il 30, 6 per cento dei voti che, sommati a quelli delle altre forze del Polo, arrivano al 51,8 per cento. La seconda sconfitta consecutiva porta alle dimissioni dei segretari di tre partiti della coalizione progressista. Ma, a dispetto degli ottimi risultati elettorali, il Governo Berlusconi è costretto a difendersi dai durissimi attacchi delle opposizioni, mentre cominciano a fischiare intorno al Presidente del Consiglio le pallottole (!!!) delle Procure politicizzate che iniziano indagini a tappeto sul suo passato, andando a scovare persino le fotografie e i filmati di Berlusconi presidente di calcio in tutti gli stadi d’Italia (“Chi si sarà mai seduto vicino a Berlusconi in tutti questi anni?” n.d.r.), mobilitano tutto l’esercito dei pentiti di allevamento (negli allevamenti di cavalli, soprattutto) per cercare di ottenere qualunque dichiarazione possa in qualche modo coinvolgere il Presidente del Consiglio. Ancora oggi, aprile 2001, dopo sette anni di una persecuzione giudiziaria che non ha precedenti nella storia dei Paesi democratici, Silvio Berlusconi risulta indenne da ogni condanna nonostante si sia tentato di tutto per attribuirgli un qualche reato e il suo passato e quello delle sue imprese sia stato “rivoltato come un calzino” (statistiche aggiornate ad oggi, gennaio 2011, sia per ciò che riguarda il numero di processi, sia per quanto riguarda le sentenze: In realtà, i processi affrontati dal Cavaliere come imputato sono sedici. Quattro sono ancora in corso: corruzione in atti giudiziari per l'affare Mills; frode fiscale per i diritti tv Mediaset (in dibattimento a Milano); appropriazione indebita nell'affare Mediatrade; e quest'ultimo per concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile. Nei processi già conclusi, in soltanto tre casi le sentenze sono state di assoluzione. In un'occasione con formula piena per l'affare "Sme-Ariosto/1" (la corruzione dei giudici di Roma). Due volte con la formula dubitativa: i fondi neri "Medusa" e le tangenti alla Guardia di Finanza, dove il Cavaliere è stato condannato in primo grado per corruzione; dichiarato colpevole ma prescritto in appello grazie alle attenuanti generiche; assolto in Cassazione per "insufficienza probatoria". Riformato e depenalizzato il falso in bilancio dal governo Berlusconi, l'imputato Berlusconi viene assolto in due processi (All Iberian/2 e Sme-Ariosto/2) perché "il fatto non è più previsto dalla legge come reato". Due amnistie estinguono il reato e cancellano la condanna inflittagli per falsa testimonianza (aveva truccato le date della sua iscrizione alla P2) e per falso in bilancio (i terreni di Macherio). Per cinque volte è salvo con le "attenuanti generiche" che (attenzione) si assegnano a chi è ritenuto responsabile del reato. Per di più le "attenuanti generiche" gli consentono di beneficiare, in tre casi, della prescrizione dimezzata che si era fabbricato come capo del governo: "All Iberian/1" (finanziamento illecito a Craxi); "caso Lentini"; "bilanci Fininvest 1988-'92"; "fondi neri nel consolidato Fininvest" (1500 miliardi); Mondadori (l'avvocato di Berlusconi, Cesare Previti, "compra" il giudice Metta, entrambi sono condannati). Più che persecuzione giudiziaria, siamo dinanzi a un'avventura fortemente segnata dall'illegalità), nonostante siano state effettuate oltre 450 visite della Polizia Giudiziaria e Tributaria (con permanenze anche di alcuni mesi) agli uffici delle sue aziende, nonostante siano stati analizzati “ai raggi X” più di un milione di documenti, tra cui 150 conti correnti bancari e 173 libretti al portatore, nonostante lui e i suoi dirigenti siano stati costretti ad affrontare e a subire 1.151 udienze processuali. “Andammo al Governo con beata innocenza – rammenta Berlusconi – credendo che la sovranità fosse veramente del popolo, e che bastasse essere eletti per poter governare davvero (scoprendo con enorme disappunto che bisognava pure rispettare la legge, almeno in teoria...). Vi ricordate tutti cosa si scatenò contro di noi, la santa alleanza dei poteri forti: mai nessun Governo fu messo di fronte a tante difficoltà. Governammo ugualmente, impegnandoci a fondo con estrema coerenza, cercando di trasformare in azione politica quanto avevamo scritto nel nostro programma. L’economia prese respiro, fiducia ed entusiasmo conquistarono molti imprenditori italiani e i risultati vennero”. Nell’arco di pochi mesi s’incrementa il prodotto nazionale lordo, aumentano (senza che venga introdotta alcuna nuova tassa) le entrate dell’erario, diminuiscono, invece, per la prima volta dopo anni, le spese dello Stato, e cala la pressione fiscale (in pratica tutto e il contrario di tutto. Nell'arco di pochi mesi!). Grazie alla legge Tremonti nascono 300.000 nuove aziende nel ’94 ed altre 300.000 del 1995. Viene creato — per la prima volta nella storia della Repubblica — il Ministero per la famiglia e vengono stanziati 2.200 miliardi per i nuclei di cittadini bisognosi o che abbiano disabili in casa, si rilanciano e modernizzano le Forze Armate, viene inasprita la lotta alla mafia. Sono i primi successi cui stava per seguire un più vasto e impegnativo piano di riforma dello Stato, di sviluppo dell’economia e di creazione di nuovi posti di lavoro (1 milione, per l'esattezza. Che ancora oggi nessuno ha visto). Come ricorda Berlusconi in quei giorni “lavorammo duro alla riforma della Pubblica amministrazione, avevamo preparato una riforma della previdenza che avrebbe portato al pareggio le entrate e le uscite dell’Inps, avevamo già detassato gli utili alle aziende che avevano preso l’impegno di investirli per creare nuovi posti di lavoro, volevamo passare dalle cento tasse esistenti alle otto principali, volevamo arrivare un giorno a poter dire: tutte le norme fiscali vigenti sono abrogate, esiste un solo codice con norme chiare e comprensibili...”. Anche per quanto riguarda il cosiddetto conflitto di interessi, è Berlusconi a ricordare che “nella prima riunione del Consiglio dei Ministri con la delibera numero uno del Governo fu istituita una commissione di tre saggi che elaborò un disegno di legge che presentammo in Parlamento già nel settembre del ‘94. Sono state le sinistre ad insabbiare quel progetto salvo rispolverarlo in occasione di ogni nuova elezione per farne motivo di propaganda elettorale”.


L’ITALIA PROTAGONISTA

Qual è il ruolo dell’Italia nel mondo? Una domanda importante cui, come segnala Sergio Romano, ben pochi rispondono: “Di politica estera poco si parla perché tutti sono convinti che non serva sul piano elettorale”. Un’affermazione su cui si può tranquillamente concordare se si esaminano i programmi dei vari partiti, dai DS ai neo centristi. Unica eccezione: Forza Italia che nel suo manifesto considera le questioni internazionali come un tema decisivo. “Vogliamo un’Italia degna del suo ruolo in Europa e nel mondo, rispettata e ammirata per il suo presente e non più soltanto per il suo grande passato (adesso, finalmente, possiamo dire di esserci riusciti! Non saremo più famosi per il nostro grande passato, tipo la Casa dei Gladiatori di Pompei...). Un’Italia che torni ad essere protagonista della storia d’Europa, a giocare un ruolo attivo nel processo di unificazione europea. Un’Italia che non basi più la sua politica estera sull’improvvisazione, ma sulla corretta definizione dei suoi interessi nazionali e su una conseguente azione volta a tutelarli nei diversi scacchieri internazionali attraverso una politica estera attiva e una azione diplomatica qualificata” (cucù e bunga bunga libico sono gli ingredienti principali). Parole chiare cui Silvio Berlusconi, una volta al governo, diede immediatamente seguito, determinando così un forte aspetto di discontinuità rispetto alle precedenti esperienze governative. Spiazzando i soloni della sinistra europea, il nuovo Presidente del Consiglio affrontò in modo propositivo e, soprattutto, efficace una lunga serie d’incontri e di vertici internazionali. Da subito Bill Clinton, Helmut Kohl, François Mitterrand, Boris Eltsin compresero che i loro interlocutori italiani erano diversi da quelli precedenti: per la prima volta si ritrovarono a trattare con un uomo di Stato determinato, puntiglioso e lungimirante (a sinistra Silvio Berlusconi accanto a Cherie Blair. Fu il marito Tony, come lei stessa ha dichiarato, a chiederle di "stare al centro", forse perchè Mr. Blair non si riteneva all'altezza di tanta lungimiranza...). A giugno Berlusconi partecipò al Consiglio Europeo di Corfù in cui pose con forza l’esigenza di un nuovo approccio con la Russia post-comunista, che andava aiutata a percorrere il suo cammino verso la democrazia. A luglio il Presidente ospitò a Napoli il G-7, il massimo vertice dei Paesi industrializzati. Fu un incontro difficile per la complessità delle questioni in discussione e anche per la partecipazione della Russia, fortemente voluta dall’Italia. Berlusconi riuscì a mediare tra le differenti posizioni e fu il principale artefice della dichiarazione economica di Napoli che obbligava i singoli governi a privilegiare “l’investimento nel capitale umano”. Un salto notevole rispetto alle politiche precedenti. Forte del successo napoletano, il Presidente non ebbe difficoltà a far accettare alla riunione di novembre del vertice della Conferenza per la Sicurezza e Cooperazione Europea di Budapest la linea italiana volta a prevenire attraverso le vie negoziali i conflitti regionali sul continente e ad istituire una task force internazionale che potesse adeguatamente affrontare le emergenze umanitarie. Fu una iniziativa lungimirante se si pensa che qualche anno dopo scoppiò ai nostri confini la crisi dei Balcani con l’esodo dei profughi, vittime innocenti dei fantasmi di nuove “pulizie etniche(a beneficio della storia ricordiamo che la guerra nei Balcani ebbe inizio nel 1991 in Slovenia e Croazia e nel 1992 in Bosnia-Erzegovina). A novembre, al vertice del Consiglio Europeo di Essen, Berlusconi si battè con successo per un’attenzione dell’Unione Europea verso i Paesi mediterranei e, soprattutto, per l’approvazione di quattordici grandi progetti ferroviari (tre dei quali riguardavano direttamente l’Italia) (attendiamo ancora di sapere quali, a distanza di 17 anni). In un pur breve periodo, il Governo Berlusconi ottenne importanti riconoscimenti internazionali. L’ambasciatore Renato Ruggiero fu designato alla guida dell’Organizzazione del Commercio Internazionale e l’Italia entrò nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Un grande successo personale del Presidente del Consiglio. Un altro passo significativo per la rilegittimazione dell’Italia sulla scena internazionale fu il convegno dell’ONU sulla criminalità presieduto a Napoli da Berlusconi. Ma proprio in quell’occasione, la Procura di Milano inviò al Presidente del Consiglio un invito a comparire. Un atto senza precedenti, con conseguenze gravi per l’immagine dell’Italia nel mondo. “Per quell’episodio – dice Berlusconi al primo Congresso di Forza Italia – ho presentato alla Procura di Brescia una denuncia nei confronti del pool di Milano. Ho accusato il pool di Milano di avere commesso il reato di cui all’articolo 289 del Codice Penale, ‘Attentato a un Organo Costituzionale’, ho fornito prove ineludibili. Quel fatto di Napoli ha cambiato il corso della nostra storia: ho fondati motivi per ritenere che senza quell’invito a comparire il Polo delle Libertà avrebbe continuato a governare. La storia del Paese è cambiata a causa di quell’evento. Attendo, attendiamo giustizia” (a beneficio della storia italiana: fu Bossi a far cadere quel governo, togliendo l'appoggio del suo partito, la Lega Nord, al governo Berlusconi).


DAL PRIMO DISCORSO IN PARLAMENTO

“Consentitemi di ricordare – Signor Presidente, Signori Senatori – il vero spirito che anima il Governo e chi ha l’onore di presiederlo. Il nostro è un Paese di straordinaria vitalità, capace di slanci miracolosi, che stupiscono il mondo, e di gioia di vivere (e chi meglio di lui incarna questi aspetti?). Da qualche tempo, le difficoltà della politica, la crisi delle classi dirigenti e un certo clima di sfiducia hanno introdotto in Italia una dose di pessimismo e di scetticismo che rischia di trasformarsi in un sottile e letale veleno. Il nostro spirito è quello di rovesciare questa situazione, il nostro stato d’animo è quello di persone che, esperte più della vita e delle sue durezze che non delle malizie della politica di palazzo, sanno tuttavia che le Istituzioni e lo Stato sono la casa in cui si specchia la società. Anch’io, come altri prima di me, ho fatto un sogno: il sogno di rendere perfettamente trasparente questa casa e di restituire alla società civile, da cui tanta parte di nuovi parlamentari provengono, quello slancio, quella vitalità e quella creatività che sono il vero, grande patrimonio genetico delle genti italiane. Per tagliare questo traguardo il presidente del Consiglio ha bisogno del vostro aiuto, del sostegno della maggioranza e del controllo severo delle opposizioni; ma il Paese ha anche un forte e vorrei dire disperato bisogno di ritrovare intatta la sua natura volitiva e caparbia, il suo gusto della sfida e dell’esplorazione delle cose nuove, il piacere di sconfiggere, dovunque si annidino, le cattive tentazioni della paura, dell’invidia e della faziosità. Il mio obiettivo di governo resta quello che mi ha spinto ad abbracciare la politica e l’impegno civile diretto. Credo in una grande impresa collettiva, in una grande avventura che ha bisogno di fuoco e di fede morale. Credo che potremo costruire insieme un’Italia più giusta, più generosa e più sollecita verso chi ha bisogno e chi soffre, un’Italia più moderna e più efficiente, più prospera e serena, più ordinata e sicura. Sono convinto che, con l’aiuto di Dio e degli uomini, ce la faremo”.




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