COSTRUIRE UN IMPERO
Tra le vicende imprenditoriali dell’Italia del dopoguerra, ce n’è una davvero straordinaria che parte da Milano. Ecco la sua storia
Una storia da sogno americano, quella di Silvio Berlusconi. Una favola moderna che, come tutte le storie, rivela l’impegno, le incertezze, gli sforzi, il rischio, l’avvedutezza e la lungimiranza imprenditoriale di un uomo che, dal nulla, ha dato vita ad uno dei più importanti gruppi imprenditoriali d’Europa. Le sue origini medio borghesi ne sono la prova. Non una famiglia di grandi possibilità e tantomeno un impero da conservare. All’inizio c’è solo un padre che investe tutta la sua liquidazione – il frutto di un’intera vita di lavoro – nella prima società del figlio dicendogli semplicemente “fanne buon uso. Però ricorda che questi risparmi non sono solo tuoi, sono anche dei tuoi fratelli. Quando sarà il momento giusto, ne dividerai il frutto con loro”. E Silvio ha mantenuto il suo impegno (il fratello Paolo sentitamente ringrazia). Tutti i successi di Berlusconi sono la realizzazione di sfide che ai più sembravano impossibili. “Sono un sognatore pragmatico – dice Berlusconi – altri fanno sogni che restano sogni, io cerco di trasformare i sogni in realtà”. Questa è la chiave fondamentale del successo di Berlusconi imprenditore, del fondatore di aziende, del creativo che ha saputo coltivare grandi progetti, accendere grandi speranze, lanciare grandi sfide, realizzare quelle che sembravano solo utopie. “Ma nulla mi è stato facile – ammette Berlusconi – per arrivare, da figlio di un impiegato di banca, ho dovuto lavorare, lavorare e ancora lavorare. Mia madre mi ripete sempre: ‘È una condanna pesante la tua: non c’è niente di facile per te, devi conquistarti tutto con enorme fatica, con tanti sacrifici’. E io rispondo. È vero mamma, è così: sempre sangue, sudore e lacrime (e dopo questa citazione colta, l'ingresso in politica era inevitabile: era la storia a volerlo!). Ma questa è l’unica ricetta che conosco. In tutte le attività in cui mi sono impegnato – continua Berlusconi – ho dimostrato che si può arrivare a risultati che possono apparire irraggiungibili. Occorre sapersi dare degli obiettivi ambiziosi, quasi delle missioni impossibili. E ci vuole del coraggio. Certo il traguardo non deve essere proibitivo. Bisogna essere obiettivi nella valutazione dei propri mezzi. Ci deve essere una grande umiltà nel lavoro quotidiano, costante, mirato. Ed è importante l’amicizia (soprattutto quella con gli amici degli amici, potremmo aggiungere oggi), l’unione del gruppo. Occorre infine una assoluta lealtà nei comportamenti di tutti verso tutti in ogni situazione”. Con queste regole Silvio Berlusconi ha costruito un impero. Come recitano diligentemente le schede degli archivi giornalistici.
Nel 1960 inizia l’attività nel settore dell’edilizia. Costruisce molte residenze a Milano e poi interi centri residenziali e commerciali diventando il primo operatore italiano del settore. Dopo il Centro Edilnord realizza Milano 2, Milano 3 e il Girasole. Nel 1978 inaugura Telemilano, la televisione via cavo di Milano 2, che presto comincia a trasmettere su tutta la Lombardia. Nel 1980 fonda Canale 5, la prima rete televisiva privata nazionale, cui si aggiungono Italia 1 nel 1982 e Rete 4 nel 1984. Il successo conseguito in Italia gli consente di sviluppare varie iniziative, inserite, come tutte le altre società, nell’ambito della holding capogruppo Fininvest, fondata nel 1978. Diffonde così la televisione commerciale in Europa: in Francia La Cinq (1986), in Germania Telefünf (1987), in Spagna Telecinco (1989). Nel 1989 entra nella Mondadori e diviene il principale editore italiano nel settore dei libri e dei periodici (con buona pace di De Benedetti). Con la Medusa e con Cinema 5 diventa anche il primo produttore e distributore cinematografico italiano. Il Gruppo Fininvest, con le società Mediolanum e Programma Italia, sviluppa anche una forte presenza nel settore delle assicurazioni e della vendita di prodotti finanziari. In breve, diventa il secondo gruppo privato italiano. “Quando un imprenditore – spiega Berlusconi – entra in un settore nuovo, tutti i protagonisti di quel settore e i soliti soloni lo guardano con diffidenza e molti ne sorridono. Quando entrai nell’edilizia e intorno alle case costruivo, asili, scuole, chiese, impianti sportivi, centri di ricreazione e mi preoccupavo della qualità della vita degli abitanti e dell’ambiente che li circonda, mettendo a dimora alberi a centinaia, i vecchi costruttori fecero questa previsione: ‘quello lì non può durare, poverino fallirà! Perché non capisce che così non si guadagna, che non si devono viziare così gli acquirenti‘ (ed è questo il più grande rammarico degli abitanti de L'Aquila: perchè non si è occupato lui direttamente della ricostruzione?). Quando entrai nella televisione tutti si misero a dire: ‘Ma come può uno che viene dall’edilizia darsi alla grande informazione pensando di reggere alla concorrenza della Mondadori, della Rizzoli, della Rusconi?’. E tutti si fecero delle gran risate. Quando sono entrato nel calcio mi successe la stessa cosa. ‘Il calcio è un mondo difficile – dissero – sono in tanti a partire, ma vince una squadra sola. Uno che non ha esperienza, per vincere deve aspettare almeno dieci anni’. In tutti e tre i casi non è andata come i vecchi del mestiere avevano pronosticato. Al contrario, entrando in settori legati a vecchie consuetudini, chi sa innovare, chi sa domandarsi perché si deve fare sempre nello stesso modo, può inventare nuove soluzioni e conseguire grandi risultati”. Silvio Berlusconi è sempre lo stesso: la sua capacità di accendere speranze e di saperle trasformare in fatti concreti, il suo talento nel creare e motivare squadre vincenti, il suo entusiasmo contagioso, la sua attitudine a non adeguarsi ma a resistere e a ribellarsi (anche alla magistratura, perchè no?!), sono rimaste anche oggi le stesse di allora.
“La costituzione delle holding proprietarie del Gruppo Fininvest che sono italiane, anzi italianissime, e che pagano all’Erario italiano fior di imposte, avvenne nel 1978, e non equivale affatto alla nascita del mio gruppo – dice Berlusconi –. Avevo vent’anni di attività imprenditoriale alle spalle che mi era valsa anche la nomina a Cavaliere del Lavoro come principale costruttore di centri commerciali e residenziali d’Italia. Il mio “cursus honorum” imprenditoriale vantava già la realizzazione di molte residenze in Milano città, del Centro Edilnord, di Milano 2 e stavo costruendo Milano 3. La decisione di costituire le holding fu consigliata a mio padre dai nostri consulenti di fiducia, il dottor Edoardo Piccitto e il dottor Armando Minna, titolari di uno dei più importanti studi professionali milanesi. La nostra attività imprenditoriale cresceva e si differenziava in vari settori. Occorreva quindi pensare al futuro e prevedere una sistemazione delle questioni ereditarie per i figli, per i nipoti e per i diversi membri della famiglia. I versamenti per la costituzione del capitale furono effettuati per mezzo di assegni circolari e di conto corrente. Una società di revisione ha ricostruito tutte le operazioni. È quasi un miracolo perché, come si sa, e come previsto dalla legge, dopo dieci anni le banche usano mandare al macero le loro documentazioni cartacee. Ma quei soldi non servirono a far nascere le televisioni. La televisione non assorbì liquidità, anzi la generò. Quando la Rai aveva il monopolio televisivo, la Sipra – è noto – concedeva gli accessi premiando i clienti più generosi nel finanziare con la pubblicità i giornali di partito che erano tutti in perdita. La nascita di un’alternativa liberalizzò il mercato. Il fatturato di Publitalia passò dai 12 miliardi del primo anno ai 76 del secondo, agli oltre 200 del terzo (com'è nel suo stile, sulle Holding neppure un accenno...).
LE CITTÀ DEL FUTURO
Per Berlusconi l’urbanistica è una passione. Ma costruire case e palazzi non gli bastava. Voleva creare città più vivibili con piste ciclabili, percorsi pedonali e strade per automobili. E lo ha fatto
Berlusconi il Costruttore. Probabilmente se non ci fosse stata la consacrazione dell’editoria televisiva a determinare il soprannome di “Sua Emittenza”, quello di “Sua Residenza” sarebbe stato l’appellativo più calzante per colui che, negli anni ‘60 e ‘70, ha giocato un ruolo di primo piano nel panorama dell’urbanistica e dell’edilizia italiana. Silvio Berlusconi l’edilizia, come “passione del costruire”, l’ha sempre avuta nel sangue. Durante gli studi all’università entra come Direttore Commerciale di una impresa di costruzioni. È bravo e dopo sei mesi viene promosso Direttore Generale. Si laurea e propone a Pietro Canali, il titolare dell’impresa, di costituire insieme a lui una nuova impresa per realizzare abitazioni di qualità. La proposta è ardita: dividere il capitale a metà. Pietro Canali rimane esterrefatto, ma poi apprezza e accetta. Nasce così la “Cantieri Riuniti Milanesi S.p.A.”. Papà Berlusconi versa l’intera sua liquidazione per la metà del capitale sociale, Silvio ci aggiunge i suoi risparmi e diventa imprenditore. Ci scherza su: “Milanesi sono io, Cantieri Riuniti è Canali” ma sa di essersi assunto una grande responsabilità verso suo padre e verso tutta la famiglia. Lavora sodo: acquista terreni in Milano, progetta le case, le realizza, le vende e si prepara – siamo nel 1960 – ad un progetto di grande respiro. Una avvincente, difficile avventura, la costruzione di un intero “paese” per 4.000 abitanti dotato di tutti i servizi alle porte di Milano. È un impegno enorme per un imprenditore alle prime armi e cade proprio nel mezzo di una terribile crisi del mercato edilizio. Berlusconi deve tirar fuori tutta la sua creatività e la sua tenacia. Lavora giorno e notte, sabato e domenica. Inventa nuove formule di pubblicità e di promozione diretta, di commercializzazione (i finanziamenti per la costruzione devono venire dalle vendite), partecipa alla progettazione con una squadra di giovani architetti, capitanata da Giancarlo Ragazzi ed Enrico Hoffer, con i quali il sodalizio continua ancora oggi. La realizzazione lo impegna per quasi dieci anni. Ma da questa esperienza nasce il progetto di Milano 2: un nuovo modo di concepire la città, il sogno di Berlusconi urbanista. Una tenuta di oltre 700.000 metri quadrati adiacente a Milano viene destinata dal Comune di Segrate, in accordo con il proprietario, il famoso trasvolatore atlantico Conte Bonzi, a un progetto di urbanizzazione per 10.000 abitanti. Berlusconi vince la gara per l’acquisto delle volumetrie e trasforma il vecchio progetto in un disegno urbanistico assolutamente innovativo, una città diversa e nuova, che chiama Milano 2, con tre sistemi stradali, con percorsi pedonali e piste ciclabili che non incrociano mai le strade per le automobili. Un modello urbanistico avveniristico ma caratterizzato da elementi evocativi della tradizione come i ponti ciclabili e pedonali che scavalcano le strade veicolari (e alludono a una sorta di Venezia lombarda), la lunga teoria dei portici che fungono da spina dorsale di tutta la città, e poi i colori caldi della tradizione lombarda, il parco che circonda le case creato dal nulla attraverso la messa a dimora di centinaia di alberi di alto fusto, la cura meticolosa sin nei dettagli dell’arredo urbano, gli asili, le scuole, la chiesa, i campi gioco, gli impianti sportivi, un centro commerciale, un centro direzionale, i parcheggi sotterranei e tanto verde, tanti fiori, tanti alberi sapientemente allocati sotto la guida personale di Berlusconi. È una impresa immane, una grande fatica ma è anche un grande successo, nonostante le crisi ricorrenti del mercato immobiliare. L’operazione ripaga generosamente anche le famiglie che vengono ad abitare nel nuovo quartiere sia in termini di qualità della vita, sia in termini di valorizzazione del proprio investimento. Milano 2 diventa un punto di riferimento: le visite di operatori e architetti, soprattutto stranieri, si susseguono, la sua formula urbanistica viene analizzata da molte università estere. Quelle italiane sono troppo occupate a studiare i quartieri di modello sovietico e le “macrostrutture” (anche qui, immancabile, la frecciata al comunismo). Tutti cercano di carpire i segreti di un successo fatto di mille ingredienti sapientemente composti. È la consacrazione di Berlusconi quale imprenditore illuminato degli anni ’70 nel campo urbanistico – immobiliare. Sarà verso la fine del decennio che partirà la nuova sfida di Milano 3. Sempre nell’hinterland del capoluogo lombardo, questa volta a Sud, nel Comune di Basiglio. Il nuovo complesso per 14.000 abitanti su un’area di oltre un milione e mezzo di metri quadrati mette a frutto le esperienze che Berlusconi aveva acquisito con Milano 2. Aumentano gli spazi verdi, si perfezionano le tecniche costruttive, si lavora sui materiali, in alcuni casi addirittura rivoluzionari, le esigenze dei bambini e dei ragazzi vengono messe al primo posto. La costruzione di Milano 3, inizia nel 1978 e richiede oltre dieci anni di impegno. L’attività edilizia passa in seguito da Silvio al fratello Paolo e con lui continua con altre importanti realizzazioni fra cui Milano 3 City, Milano Visconti, Tolcinasco e altri ancora.
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