di Giovanni Valentini
Nella retorica generalmente barocca di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e leader di "Sinistra, Ecologia, Libertà", in questo modo "si spegne il sole per favorire il nucleare". Ovvero, "il governo uccide il fotovoltaico". E verosimilmente non è facile coniare una sintesi più efficace, per riassumere e denunciare gli effetti perversi del decreto legislativo contro le energie rinnovabili. Con il provvedimento predisposto dal ministro Romani, non si rischia di bloccare soltanto i finanziamenti e quindi gli investimenti a favore di un pilastro portante della "green economy", quanto l´intero sviluppo economico dell´Italia a cui il suo stesso dicastero è intitolato, compromettendo la credibilità istituzionale e l´affidabilità del nostro Paese come dimostra anche la protesta dell´Associazione delle banche internazionali. Tanto più nel momento in cui le tensioni planetarie, a cominciare dalle forti turbolenze nella Libia di Gheddafi, spingono al rialzo il prezzo del petrolio e ripropongono il problema della nostra dipendenza energetica dall´estero. Il decreto contro il sole e contro il vento non fa che confermare, dunque, i sospetti e le preoccupazioni del fronte ambientalista che fin dall´inizio aveva individuato nel rilancio del programma nucleare il pericolo di uno stop alle rinnovabili. Un´inversione di tendenza che in realtà rivela una sorta di scambio occulto fra scelte e strategie alternative, interessi e capitoli di spesa. E naturalmente anche fra le rispettive lobby, quella dei pannelli fotovoltaici o delle pale eoliche e quella ben più potente e aggressiva dell´atomo. Alla base di questa opzione, non c´è infatti un´economia di mercato con le classiche regole della domanda e dell´offerta. C´è piuttosto un´economia di Stato, destinata in entrambi i casi a essere sostenuta o assistita – almeno per lungo tempo – dagli incentivi e dai finanziamenti statali. Ma c´è soprattutto – o meglio, dovrebbe esserci – l´interesse pubblico, l´interesse generale, l´interesse comune dei cittadini. Quali sono, precisamente, questi interessi? Quello economico e quello ambientale. Lo sviluppo e l´indipendenza energetica. La sicurezza e la salute. E ciascuno di noi è libero di stabilire la gerarchia che preferisce, tenendo conto dei costi e dei benefici, dei vantaggi e dei rischi. Quello che non si può fare è propalare notizie false e tendenziose; lanciare allarmi o peggio ancora ricatti mediatici sui costi dell´energia verde; oppure "raccontare frottole", come contesta apertamente il senatore Francesco Ferrante (Pd) al presidente del Consiglio, a proposito del peso delle rinnovabili sulle bollette. A parte l´Iva che nel 2010 ha gravato da sola per un miliardo di euro, come se si trattasse dell´acquisto di un bene o servizio, il responsabile delle Politiche per l´energia del Partito democratico ricorda polemicamente che gli utenti italiani continuano a pagare sull´elettricità 300 milioni di euro all´anno per il nucleare che non esiste più nel nostro Paese dal 1987; oltre 1,2 miliardi per il famigerato "CIP 6" che, invece di essere destinato effettivamente a incentivare le fonti alternative, s´è risolto in un regalo ai petrolieri; e più di 355 milioni in agevolazioni alle Ferrovie dello Stato. Al contrario poi di quanto tenta di accreditare la propaganda governativa, l´atomo non assicura affatto l´indipendenza energetica: per il semplice motivo che per produrre il nucleare occorre l´uranio e l´Italia non possiede notoriamente giacimenti di tale combustibile. Resta infine, come una maledizione biblica, la questione tuttora irrisolta dello stoccaggio e smaltimento delle scorie radioattive. La verità è che a tutt´oggi l´energia nucleare è ancora troppo cara e troppo rischiosa. Per paradosso, considerando gli investimenti necessari e appunto i finanziamenti statali, all´Italia costerebbe di più produrla in proprio che continuare a importarla dalla Francia. E ragionevolmente non c´è neppure da temere che questa decida all´improvviso d´interrompere le forniture: si tratta infatti di una produzione a ciclo continuo che non può essere ridotta o sospesa ed essendo in esubero, rispetto al fabbisogno nazionale francese, non troverebbe altri sbocchi sul mercato. A tagliare definitivamente la testa al toro, il fattore tempo. Per costruire una centrale nucleare, occorrono almeno 10-15 anni. L´Italia non potrebbe permettersi di aspettare tanto, anche per non rischiare di essere condannata a pagare le pesanti sanzioni previste per chi, secondo il Protocollo di Kyoto, non rispetta il cosiddetto "pacchetto clima" varato dall´Unione europea e già approvato anche dal nostro Parlamento, con la formula "20-20-20": vale a dire, 20% in meno di emissione di gas-serra, 20% di risparmio energetico e 20% in più di fonti rinnovabili, entro il 2020. Meno di dieci anni. E per rispettare quella scadenza, bisogna cominciare a lavorare subito.
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15 commenti:
Anche il testo è radioattivo.
Leggevo che la Francia ha acquistato 300 mld del nostro debito... per voi c'è qualche connessione col "nostro" nucleare?
Mmh non ne ero a conoscenza... James, puoi linkare dove l'hai letto, avevo intenzione di approfondire l'argomento anche in vista del referendum.
mm non trovo... ma lo cercherò, promesso! ora c'è la juve scusa eh!
Non ho la cronogia... era in un blog(spot) ma non riesco a trovarlo.
cmq è un dato facilmente rintracciabile
http://5minuti.net/rubriche/36-pillole-fianziarie/63-il-debito-pubblico-italiano-in-mano-ai-francesi.html
il succo è lo stesso.
Difficile pensare che non conti qualcosa (ci tengono per le palle...).
vabeh non trovo cmq l'immagine che ricordavo è questa
http://www.nytimes.com/interactive/2010/05/02/weekinreview/02marsh.html?ref=weekinreview
Siamo il bubbone più grosso e la francia è quella che rischia/investe(?) di più.
Credo che oltre le "cricche" sia la spiegazione più plausibile dell'investimento nucleare e l'affossamento delle rinnovabili.
p.s. soffro troppo a guardare questa juve.
Schema semplice ma efficace: in un certo senso i francesi sono i nostri strozzini. Una morsa che si stringe sul nucleare, stando a guardare gli ultimi fatti. I debiti degli altri paesi sono spartiti in maniera più equa, mentre nel nostro c'è una netta predominanza francese; quello che non so spiegarmi del tutto è: perchè hanno fatto questa scelta? Perchè hanno rischiato/investito su quello che sembra essere il cavallo, o maiale, più zoppo?
Eh difficile a dirsi.
Ma provo un'interpretazione.
La condizione di base è un debito elevatissimo, che oltre a causare tutti i problemi noti e un interesse che costa 70mld ogni anno, contiene il problema di dover "piazzare" ad ogni scadenza enormi "lotti" di debito a lungo termine.
E' vero anche che il nostro debito paga un interesse superiore rispetto a molti altri (perché elevato in proporzione al PIL, effetto rischio paese ect), ma non credo che le ragioni stiano in questo.
Credo che sia un vero "investimento in sovranità", secondo me stimolato anche dalla mancanza di un governo credibile da 20 anni (e forse +).
Chi è al potere semplicemente vende sovranità così come vende debito, anche se tutto rientra dentro ciò che siamo abituati a riconoscere come "mercato".
Il meccanismo è un po' questo: ti presto dei soldi (compro il tuo debito) con il quale tu compri ciò che io ti dico di comprare (che con tutta probabilità produco io stesso).
Possiamo pensare al debito americano, detenuto in gran parte dalla Cina: i cinesi finanziano gli USA, permettendogli una ricchezza gonfiata frutto del debito e inondano il mercato americano con i loro prodotti. Per ora i cinesi hanno un estremo bisogno del mercato americano perché il loro mercato interno non è in grado di assorbire la produzione.
Ed è proprio questo l'interesse che a mio parere deve essere cercato e considerato nel nostro paese.
Ora non so quanta ricchezza la Francia produca in Italia, ma senza dover ricercare chissà quale settore nascosto penso alla grande distribuzione, che eccetto i discount (LD, Lidle tutti tedeschi) è in gran parte in mani francesi.
Ora non dico che l'investimento sia stato fatto solo in protezione di questi interessi, però chissà, non mi sembra strano che abbia una sua rilevanza.
E magari il "tenere per le palle" consiste nella minaccia di non rinnovare il credito se non si fanno scelte (in questo caso energia nucleare, o se vogliamo in tecnologia francese) che non tengano conto dell'investimento francese in Italia.
Per quanto riguarda il "maiale più zoppo" (ah, gli economisti), tra tutti l'Italia è il più grasso e forse quello da cui più si può facilmente guadagnare... non so penso alle privatizzazioni e a come sono state gestite qua... che dici?
Magari tra 5-6 anni ci sarà qualche François o Laurent negli scandali delle cricche. Questo è il nostro modello.
Condivido, e proseguo: i francesi hanno deciso di investire/rischiare (detto in maniera più spicciola, comprando il nostro debito si sono comprati molto di più) sul maiale più grasso, l'Italia. Ci sono possibilità che il meccanismo possa, non dico guastarsi, ma incepparsi, non funzionare come da loro auspicato? Stando sul nucleare: gli eventi giapponesi sembrano capitati quasi a fagiuolo in prossimità del referendum, a scapito del nucleare. Bruciata, nell'eventualità, questa carta, il valore dell'investimento in sovranità si abbassa, secondo te? La grande distribuzione è sufficiente? Cercando di farla breve, mi sembra così a naso, che i francesi siano stati un po' ottimisti, contando forse troppo sulla nostra "italianità", e alla fine magari saranno costretti invece che ad un distaccato controllo, ad una "massiccia presenza in loco", diciamo così.
Mah, non lo so. Magari è semplicemente l'investimento in se a perdere valore. Se siamo una delle i di Piigs ci sarà un motivo no?
è complicato parlare di queste cose ma ormai il tentativo iniziale mi porta a continuare...
Magari sarebbe meglio garantirsi con qualcosa di concreto no? Può essere un'interpretazione. Bisognerebbe conoscere davvero a fondo il problema, gli interessi, per farsi un'idea più precisa.
Comunque faccio fatica a credere che 500M$ non siano influenti, almeno nella scelta del "fornitore" della tecnologia.
Un investimento che odora di ricatto, di strozzinaggio, e probabilmente è così che hanno pensato di ridurre i rischi. Siamo sempre nel campo delle interpretazioni, però sembra un atteggiamento un attimino mafioso (ricordi Amici Miei? "I Marsigliesi! Marsiglia nel culo la piglia!" etc). Certo è che se hanno deciso di investire con la garanzia del governo attuale, sono degli sprovveduti, mentre se, come dicevamo ieri in privato, la garanzia è venuta dal brevissimo governo precedente, beh è più comprensibile. Ci vorrebbe l'intervento di qualcuno più ferrato in economia, col nostro approccio profano possiamo soltanto cercare di capire, con supposizioni, interpretazioni e via così...
James, ogni tanto anche a te dà fastidio avere sempre ragione...?
WikiLeaks: “Nucleare, tangenti agli italiani per favorire le centrali francesi”
Redazione
18 marzo 2011
Dai cable arriva la versione americana sull’atomo all’italiana. E coinvolge politici e funzionari
L’ombra di un giro di tangenti. O meglio, questo è quello che pensano ci sia gli americani dietro il ritorno dell’atomo nell’agenda della politica energetica italiana. E su WikiLeaks finiscono i rapporti segreti inviati alla Casa Bianca, che racconta Luca Iezzi su Repubblica:
Sin dal 2005, quando l’ipotesi di un ritorno all’atomo diventa concreta, per la diplomazia Usa l’obiettivo è «garantire che le aziende americane abbiano la giusta chance» riferisce a Washington la responsabile Elizabeth Dibble. Le aziende sono Westinghouse e General Electric, il nemico, almeno agli occhi americani, sono i francesi di Areva, ma anche i russi. Mentre però i temuti rapporti Putin-Berlusconi non producono effetti concreti, i francesi hanno per alleati l’Enel e i funzionari del ministero dello Sviluppo economico, cioè chi prende le decisioni.
parte prima
parte seconda
La partita è truccata, secondo gli americani: nel maggio 2009 c’è il primo incontro tra Claudio Scajola e il suo omologo statunitense Steven Chu, a Roma per il G8 dell’energia. Il ministro viene così informato della situazione: «Westinghouse e Ge subiscono la dura competizione dalle imprese concorrenti i cui governi fanno pesantissime pressioni (heavily lobbying) sul governo italiano. Per esempio, l’intensa pressione francese, che potrebbe comprendere anche pagamenti per corrompere funzionari del governo italiano, ha portato all’accordo di febbraio per costruire in Italia quattro reattori Areva per il 2020».
Per recuperare il terreno perduto Scajola viene invitato nell’autunno di quell’anno negli Usa, farà un giro per alcune centrali Westinghouse e incontra di nuovo Chu per firmare un accordo di collaborazione. Scrive l’ambasciatore Thorne: «Noi abbiamo saputo che Scajola ha un’altra ragione per appoggiare il coinvolgimento delle aziende statunitensi. L’accordo con la Francia ha tagliato fuori dai contratti le società italiane che vogliono contribuire a costruire le centrali. Una di queste, Ansaldo Nucleare, ha sede nella regione di Scajola: la Liguria. E così se Westinghouse ottiene la sua parte, Ansaldo — azienda della terra di Scajola — ne beneficia». Il risultato ottenuto è che le direttive tecnologiche e di sicurezza, approvate da allora in poi, non escludono a priori i brevetti americani , anche se al momento tutta la partita sembra destinata ad un lungo congelamento, se non alla sua chiusura senza vincitori.
L'Italia ha ucciso le energie rinnovabili, guardate invece cosa fa il Taiwan
http://it.emcelettronica.com/taiwan-politiche-che-incentivano-limpiego-di-energie-rinnovabili
Lo stadio fotovoltaico e addirittura il pallone! Siamo anni luce lontani da Taiwan...
Grazie per il contributo, Ionela!
Segnalazione di James che metto a disposizione di tutti:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-d0f0c43d-1a35-40be-8f04-29554eab6e4d-annozero.html#p=0
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