giovedì 9 giugno 2011

L'intelligenza educata.


di Gabriella Saba

Dalle vetrate entra un sole sfacciato che illumina scorci di ulivi e prati. Grandi pareti di trachite rossa, marmo di Orosei e calcare dividono gli spazi dei quattro edifici del Campus Tiscali, disegnati dallo studio Aldo Rossi. Qui, appena fuori Cagliari, vicino agli stagni e al mare, c'è il regno di Renato Soru: un'isola tecnologica in cui lui si muove in silenzio, allampanato e gentile: "È da molto tempo che non mi facevano un'intervista lunga", dice quasi sottovoce. Lo guardi e pensi a tutte le cose che ti hanno detto di lui, ex Governatore che continua a dividere la Sardegna. Gli hanno dedicato, finora, cinque libri. Ognuno racconta un Soru diverso: visionario e geniale, o integralista, con indole da schiacciasassi, fuoriclasse della politica o uno con un'idea del mondo che non ammette dubbi: degli altri, perché di suoi ne avrebbe pochi. Possiamo testimoniare che ha bisogno di svolgere il suo discorso fino in fondo e non è facile interromperlo. E, altra cosa certa, il 22 aprile scorso è stato assolto con formula piena dall'accusa di abuso d'ufficio e turbativa d'asta, in merito alla pubblicità della Regione. "La fine di una sofferenza", come la definisce lui. "Quando ho sentito i giudici mi sono commosso. Per chi svolge un ruolo pubblico onestamente, con passione, ritrovarsi con un'accusa del genere è sconfortante. Può succedere, il compito della giustizia è appunto quello di indagare. Ma ho vissuto questa vicenda come un incidente". Dopo la sentenza si sono scatenati i suoi sostenitori: su Facebook le chiedono di "tornare". E molti la chiamano ancora "Presidente". "Devo ammettere che la solidarietà di tante persone mi ha dato gioia. Quanto al Presidente, credo si tratti di una gentilezza. In realtà, puntualizzo che sono "ex Presidente", anche per far capire che bisogna andare avanti. Ma voglio interpretare quel "Presidente" come un riconoscimento al lavoro che ho svolto per il bene della Sardegna". Ma non ha intenzione di ricandidarsi. "No, infatti. Sto lavorando intensamente dentro Tiscali che avevo lasciato quando venni eletto, ma credo sia difficile per chi ha fatto politica abbandonare lo sguardo da amministratore pubblico. Di recente ero a Siviglia con amici e mi sono accorto che guardavo la città con l'ottica di un sindaco o del governatore di una Regione. Anziché guardare le vetrine come gli altri, io osservavo le metropolitane leggere". Ha però dichiarato che considera incompiuto il suo lavoro alla guida della Sardegna... "Tutti i politici quando finiscono il mandato provano rimpianto per le opere non terminate. Quando ho partecipato alla prima campagna per le Regionali ho dichiarato che avrei dedicato alla politica cinque anni. Pensavo sarebbero stati sufficienti e inoltre volevo riprendere il mio lavoro a Tiscali. Sono stato un po' ingenuo e un po' presuntuoso, ma il limite che mi ero dato è stato il motivo per cui il tempo, nella mia amministrazione, ha avuto una importanza che non ha per altri". Il giornalista Vito Biolchini ha scritto: "Troppo irruento il suo carisma, troppo forte la sua ansia di cambiamento all'interno di un'organizzazione con altri ritmi e altre liturgie". "Il tempo è stato per me una variabile importante: avevamo fretta di cambiare la Sardegna! Il mondo sta procedendo a grande velocità e dobbiamo decidere se seguirlo o restare indietro. Forse la gente non si aspettava quell'irruenza. È rimasta sconcertata, e lo posso capire". Il Consiglio di Stato ha recentemente accolto il ricorso contro la decisione del Tar Sardegna, che tre anni fa aveva annullato il divieto della Regione di costruire a Tuvixeddu, il colle che ospita la più grande necropoli punico-romana del Mediterraneo. Era stata una battaglia della sua giunta... "Infatti, e quella del Consiglio di Stato è una decisione storica. La vicenda di Tuvixeddu si colloca all'interno del Piano Paesaggistico Regionale, che si era data la Regione Sardegna per governare il suo territorio - il primo e unico redatto in Italia secondo il codice del Paesaggio e nel rispetto della relativa Convenzione Europea - e stabiliva come l'iniziativa privata sia importante ma lo è di più l'impegno a non consumare ulteriormente il proprio ambiente, e a restituirlo integro alle generazioni future. Abbiamo ritenuto che l'ambiente costiero fosse stato già troppo danneggiato e non dovessimo rovinarlo ulteriormente". Spesso la tutela ambientale viene contestata perché porta minore sviluppo edilizio e quindi meno lavoro. "Credo invece che potremmo trovare uno sviluppo migliore e più duraturo proprio tutelando l'ambiente. Tanto è vero che i luoghi in cui l'ambiente è più tutelato sono anche più ricchi. Ma torniamo a Tuvixeddu: i sardi avevano stabilito che le aree costiere ancora intonse sarebbero rimaste tali, e le uniche attività permesse sarebbero state quelle di ristrutturazione e di ricostruzione. In questo modo sono decaduti progetti di lottizzazione già avviati per milioni di metri cubi. Per esempio, il progetto di costruire 260mila metri cubi di cemento nel colle di Tuvixeddu, che si trova dentro Cagliari e ospita migliaia di tombe affacciate sul mare e sulle lagune. Il Piano Paesaggistico Regionale ha posto sotto tutela quel bene: abbiamo pensato fosse meglio avere una specie di Appia Antica che una colata di cemento". Gran parte dei ricorsi presentati per far valere il Piano sono stati accolti. "Si, intorno al 99%". Torniamo al suo mandato: in realtà non l'ha nemmeno finito. "Ho lasciato qualche mese prima, per non permettere che venissero stravolti certi temi urbanistici. Mi è rimasto il dispiacere per le tante cose non fatte, ma in politica bisogna collocarsi in un percorso che non ti appartiene, e che altri hanno tracciato prima e proseguiranno dopo di te, con un'idea di continuità amministrativa". Teoria spesso disattesa, o no? "Il problema è che la politica italiana attuale è molto divisa. Anziché pensarsi in un percorso di continuità e come un unico popolo che vuol fare un passo avanti, sembra sia necessario negare l'altro e cancellare il lavoro fatto". A proposito, cosa pensa dei risultati del primo turno delle amministrative? "Sono felice per Milano che dimostra di non volere assistere indifferente al declino del paese ma si mette alla testa di un moto di riscatto etico e sociale. E sono felice per le riconferme di Torino e di Bologna, oltre che per il successo di Massimo Zedda a Cagliari, che ha portato in giro per i quartieri la visione di una città più moderna e più giusta raccogliendo una vasta adesione e creando i presupposti per la vittoria al ballottaggio". Torniamo a Soru, al suo grande progetto incompiuto: il Museo mediterraneo dell'arte nuragica e contemporanea del Bètile. "Bètile è stato penalizzato da quella politica che tende a negare le esperienze promosse dallo schieramento politico opposto. Il progetto era stato inizialmente appoggiato dal Comune". Sognava davvero un effetto Bilbao? "Sì, per una delle zone più emarginate di Cagliari, il quartiere di Sant'Elia, e inoltre sognavo la possibilità di presentare alla comunità internazionale la cultura nuragica, quasi sconosciuta fuori dalla Sardegna. Il Bètile avrebbe dovuto essere la porta d'ingresso dell'archeologia sarda, in cui si legavano passato e innovazione". A proposito di bellezza, nel suo discorso al Lingotto di Torino (convegno del Pd di fine gennaio) ha insistito sulla necessità di consegnare ai giovani la bellezza... "La bellezza è una categoria applicabile a diversi ambiti, ma quello più immediato è l'ambiente. Vorrei tornare al Piano Paesaggistico, perché è attraverso quello che abbiamo cercato di preservare le differenze che rendono unico un ambiente: la bellezza delle differenze. Ma la bellezza è anche una leva di crescita e libertà, per lo sviluppo economico. Ecco perché andrebbe ricercata da chi fa politica". Amici e nemici sono concordi nel dire che, dopo Soru, nulla è più stato come prima: cosa crede di avere cambiato nelle coscienze dei sardi? "Il diritto allo studio come bene comune. E il modo di considerare l'amministrazione e la gestione delle risorse: deve essere veloce, poco costosa e trasparente. Abbiamo diminuito il numero di impiegati del 30%, trasformando la Regione in un organismo più snello e meno costoso. Naturalmente, sappiamo che si guadagnano più consensi aumentando il numero del personale che non riducendolo. Quando siamo entrati c'erano 700 auto blu, ne abbiamo lasciate 50. Ma la lista degli esempi è lunga". Non un bel modo di farsi degli amici. "No, però siamo passati da un bilancio che chiudeva con un debito di un miliardo e 200 milioni di euro al pareggio. La "nostra" Regione ha avuto riconoscimenti per l'innovazione tecnologica e l'informatizzazione. Vorrei ricordare la questione della Sanità, che assorbe il 40% del budget regionale. Per migliorare la gestione abbiamo chiamato dal Piemonte un professore esperto in Economia sanitaria e con il suo contributo abbiamo migliorato l'efficienza del servizio evitando logiche clientelari. Abbiamo riconsegnato una sanità in ordine, ma è inevitabile che queste cose generino dibattito". È riuscito a farsi restituire 5 miliardi e mezzo derivanti dall'imposta regionale. Perché nelle elezioni regionali del 2009 non è stato rieletto? "Non lo so. Da tanti anni in Sardegna vige la regola dell'alternanza e non sono riuscito a invertire questo trend. C'è anche da dire che i partiti che mi sostenevano erano divisi. Terzo anello di debolezza, nostra: il ruolo dei mezzi di informazione, veri protagonisti della campagna elettorale e che non erano certo a nostro favore". Non se l'aspettava? "È stata dura, ma non vivo nel rimpianto". Parliamo di una Sardegna futura. Come la vede, realisticamente? "La Sardegna non è un progetto difficile perché è una regione definita, disegnata dal mare. Direi che gli obiettivi su cui puntare sono la sovranità alimentare, la tutela dell'ambiente e la conoscenza, quella che chiamo "intelligenza educata". Non sono d'accordo con chi crede che la Sardegna possa vivere di solo turismo e non credo in generale che il modello economico possa essere uno solo. In ogni caso, ribadisco che la priorità per la Sardegna dovrebbe essere quello di rendersi più indipendente. È assurdo che il 90% di quello che consumiamo sia importato. Lo stesso vale per l'energia. Abbiamo il sole, il vento, e dobbiamo fare in modo che diventino opportunità per tutti". In quanto Pd non può essere indipendentista, ma l'hanno definito un "quasi indipendentista". "Io mi definirei "interdipendentista". Siamo tutti interdipendenti, l'importante è che l'aiuto non vada in una sola direzione". La vostra giunta ha fatto la prima delibera in lingua sarda. "Per decenni l'amministrazione pubblica aveva parlato del sardo, ma in italiano. Per una volta ne abbiamo parlato in sardo. Credo che il sardo andrebbe insegnato nelle scuole come materia complementare. Lo vedo come la lingua degli affetti, quella che si parla in famiglia, ma anche la lingua della confidenza e dei sentimenti". Il sardo le sembra affettuoso? "In realtà sì. A mio avviso l'aggressività dei sardi è uno stereotipo. Come la balentia e l'ospitalità, sono luoghi comuni. Il più delle volte è solo paura e timidezza". Però lei ha anche promosso l'inglese. "Un progetto di tre anni rivolto non solo agli studenti: un grande successo per colmare un ritardo culturale". E c'è stato il Master and Back, uno dei pochi tra i suoi progetti che è piaciuto anche ai detrattori.... "Avevamo destinato 50 milioni di euro ai laureati che volevano seguire un master all'estero, indipendentemente dalle loro condizioni economiche: un investimento di tutta la comunità in quella che io chiamo "infrastruttura immateriale della conoscenza"". Antonello Licheri ha scritto un libro in cui la accusa di cesarismo... "È una critica facile da muovere". Un suo vero difetto? "Diciamo che un po' di pazienza in più non mi avrebbe fatto male". Nel presente e nel futuro prossimo di Soru c'è soprattutto Tiscali. L'ha trovata piuttosto malmessa dopo la parentesi da Governatore. E adesso? "Ho lasciato Tiscali per oltre 5 anni. Per ragioni di conflitto di interesse ho consegnato le mie azioni a un blind trust, mi sono obbligato a non parlare con gli amministratori e loro hanno fatto altrettanto. Sono rimasto fuori in un momento di grandi cambiamenti. Oggi Tiscali è una società più piccola, completamente cambiata, in cui mi sono impegnato con fiducia e che intendo rilanciare. In questi mesi abbiamo ridisegnato l'interfaccia del portale, ridefinito i contenuti potenziando l'offerta multimediale, lanciando un tg in sei lingue rivolto agli stranieri, pensato e sviluppato nuovi servizi, in cui si potrà riconoscere lo spirito di Tiscali e la sua capacità di innovazione".



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