giovedì 30 dicembre 2010

- Una storia italiana - episodio 6: Dicono di lui.

Dicono di Lui

Silvio Berlusconi nei giudizi degli amici, dei collaboratori, degli sportivi

Gli sportivi

Per il capitano della Nazionale Paolo Maldini, il Presidente è un “uomo costruttivo, innovativo, unico”. Per Franco Baresi, Berlusconi è semplicemente “geniale e forte”. Per Demetrio Albertini è “straordinario e carismatico”. Roberto Donadoni è telegrafico: “vincente e magico” (Baresi, Albertini e Donadoni si limitano ad accostare due aggettivi, sintetizzando fin troppo quello che è il loro reale pensiero sul Presidente). Sono i giudizi dei ragazzi del Milan sull’uomo che in loro ha creduto e che con loro ha vinto tutto ciò che c’era da vincere. “Con lui siamo diventati uomini, nessuno come lui è capace di motivarti e di capirti”, ricorda Mauro Tassotti neoallenatore del Milan (a beneficio della storia e della memoria, ricordiamo che Mauro Tassotti NON è mai stato allenatore del Milan, ma al massimo allenatore in seconda. Nel periodo in questione, era allenatore in seconda di Cesare Maldini, a sua volta subentrato ad Alberto Zaccheroni, esonerato).

“La prima volta che incontrai il Dottor Berlusconi ad Arcore nel lontano marzo del 1987 – dice Arrigo Sacchi –, rimasi colpito e ammirato dalla sua grande umanità. Rimasi affascinato e mi sembrò di conoscerlo da sempre. Parlammo per ore di calcio, abbozzammo le prime strategie per quello che doveva essere il Milan del futuro. Ne ammiravo l’entusiasmo, la passione, l’originalità dei programmi, il sogno di fare del Milan la più forte squadra del mondo, la competenza, la convinzione e la persuasione che c’era in ogni suo ragionamento. Mi ricordo che uscii alle tre del mattino convinto che sarei diventato l’allenatore della più forte squadra del mondo. Berlusconi è una persona generosa e intuitiva, sa prevedere e risolvere i problemi, ha la capacità di percepire le cose in anticipo e di mettere chiunque a suo agio. Per la mia carriera è stato fondamentale. Non solo perché ebbe l’intuizione e il coraggio di scegliere uno sconosciuto, ma perché mi aiutò e confortò in tutti quegli anni, mettendomi a disposizione la sua cultura e la sua intelligenza. Io gli sarò sempre grato. È stato un grande innovatore nel calcio e ha saputo trasformare un grande sogno in una grande realtà”.


Le star

Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, la storica coppia della televisione italiana, di Silvio Berlusconi hanno tanti, affettuosi ricordi. “La nostra amicizia nacque”, racconta Raimondo, “alla fine degli anni Settanta. Due nostri amici ci parlarono di un giovane imprenditore milanese che stava per lanciare una TV privata e voleva proporci una collaborazione. Sandra era scettica (un po' come San Tommaso, ma avrà modo di ricredersi!), ma i nostri amici insistettero e, alla fine, organizzammo un incontro con questo Berlusconi a casa nostra. Quando arrivò ci travolse con il suo entusiasmo, con il suo charme. A un certo punto, però, gli chiesi se voleva un caffé, una bibita e lui rispose chiedendomi un panino perché, disse, non aveva avuto il tempo di fare colazione. Al che mi voltai verso Sandra e le sussurrai “ma siamo certi che questo sia veramente ricco?” (Vianello ci vide lungo...). Gaffe a parte, ne fummo conquistati e ci trasferimmo a Milano dove partecipammo alle prime trasmissioni di Canale 5. Restammo sorpresi del clima d’entusiasmo che vi regnava, noi abituati ai ritmi “ministeriali” di mamma Rai. Silvio era sempre presente, sempre attento, sempre disponibile. Alla scadenza del nostro impegno, però, la Rai si rifece viva e ci propose un contratto interessante. Decidemmo a malincuore di tornare a Roma, dove tra l’altro ancora abitavamo, e lo comunicammo a Berlusconi che ci invitò ad Arcore a cena. Fu una serata deliziosa e un po’ triste; al momento dei saluti, poi, avevamo tutti e tre un magone tremendo. Restammo con l’immagine di lui sul portone, solo, che ci salutava (che scena struggente!). Anche Sandra era tristissima. Qualche giorno più tardi, lui le telefonò dall’Olanda e le disse: “Oggi è un bel giorno, Gullit viene al Milan. Ma non riesco a festeggiare perché voi mi mancate troppo”. Sandra crollò, e una settimana dopo firmammo un nuovo contratto con Canale 5”.

Gli amici

“Ha sempre lavorato tantissimo, in modo quasi disumano” racconta Marcello Dell’Utri. “La sua giornata cominciava alle 7, con le prime telefonate da casa. Alle 9 era in ufficio (alle 9 in ufficio: che ritmi disumani...): un appuntamento ogni quarto d’ora, più di cento telefonate e decine di incontri al giorno. E a fine giornata continuava a sfornare idee per il giorno dopo, parlandone fino a notte inoltrata. Ha il dono di poter dormire pochissimo” (oggi anche meno!).

E Confalonieri aggiunge: “Bisognava vederlo discutere di palinsesti per capire in che modo e perché siamo riusciti a far vedere i sorci verdi alla Rai.... Riusciva a prevedere l’ascolto che avrebbe ottenuto ogni programma ("mistico e preveggente" avrebbe detto uno dei calciatori del Milan...). Interveniva sui copioni, sulle scenografie, sui montaggi di tutte le produzioni. Dava suggerimenti agli autori, ai registi, agli attori. Inventava i format, i titoli dei programmi, gli slogans, le promozioni (e soprattutto cacciava fuori i soldi!). Era davvero l’uomo TV”.


Gli intellettuali (se questi sono gli 'intellettuali'...)

“È l’autoironia personificata – dichiara Giuliano Ferrara – prende sul serio le cose che fa ai limiti del primo della classe, ma sa sorridere di se stesso (soprattutto se le battute sono del Bagaglino). In politica ha portato il patrimonio accumulato nell’impresa televisiva: sa come far funzionare una macchina per produrre risultati, conosce i gusti, gli umori e i desideri della gente. È quello della porta accanto, quello che impari a conoscere e di cui ti puoi fidare, solo che è esageratamente ricco, capace, determinato fino all’inverosimile. Ha una lunga schiera di nemici potenti e accaniti (i giornali, le sinistre comuniste, i magistrati e tanti altri che per motivi di spazio non stiamo qui ad elencare), ma trovare uno che non lo giudichi simpatico è praticamente impossibile”.



Dice Paolo Guzzanti: “Ha un rapporto molto pudico e riservato con le opere di carità. È noto che non ha mai licenziato nessuno in vita sua [allenatori del Milan a parte...] (cosa che gli ha procurato più d’un inconveniente), ma è meno noto che si occupa direttamente di una quantità di casi umani conosciuta soltanto da pochissimi (beh Bondi, Cicchitto, Gasparri e Bonaiuti non sono proprio degli sconosciuti! Oppure trattasi di confessione...?). Io l’ho visto (con suo imbarazzo) provvedere ad operazioni chirurgiche costose, sostenere persone in gravi difficoltà economiche. La sua visione di un’economia sociale di mercato (simile al “compassionate conservatism” dell’attuale presidente americano) parte da una conoscenza diretta e profonda del dolore della vita e fin da bambino ha assaporato due frutti fra loro molto diversi: il piacere di produrre ricchezza e il piacere di distribuirne”.

Ferdinando Adornato: “Aver fede nelle proprie idee, credere nel proprio lavoro come in una missione, rispettare gli impegni assunti con gli altri: ecco, queste sono le qualità umane che mi colpirono in Berlusconi e che costituiscono, del resto, grande parte del suo successo. Soprattutto di fronte a un mondo politico difficile e contorto, nel quale ancora troppo spesso prevale il cinismo di uomini senza qualità” (a dirlo è uno che attualmente, e lo diciamo a titolo di cronaca, milita nelle fila dell'Udc).


I collaboratori

Michele Persechini, è il cuoco di Silvio Berlusconi. “Ormai so quello che vuole – confida – conosco bene i suoi gusti. È una persona semplice, diretta, gentile. Se gli succede di ritardare a tavola, viene in cucina a scusarsi, ringrazia con sincerità di accenti e apprezza il lavoro ben fatto”.

Sandro Parodi più che il maggiordomo è l’ombra, discreta e fidata, del Presidente. Lo segue sempre e dovunque. “Solo chi gli sta vicino può sapere quanto lavori, di quanta pazienza disponga, di come riesca a caricarsi dei problemi degli altri, di quanto sia generoso e paziente. Non c’è nessuno, proprio nessuno come lui”.




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lunedì 27 dicembre 2010

- Una storia italiana - episodio 5: Gli amici.

GLI AMICI DI SEMPRE

Dai tempi del liceo e dell’università, si è formato attorno a Berlusconi un piccolo, fidatissimo nucleo di amici. Assieme a loro ha affrontato mille battaglie. Vincendole. Ecco la storia della “squadra” di Silvio

Il cortile dell’oratorio di Sant’Antonio, la chiesa di via Sebenico, l’istituto dei Salesiani (i giovani tutti casa e chiesa di una volta...). È lì che Silvio Berlusconi conosce Fedele Confalonieri, il suo amico più caro, nipote di Giovanni Borghi, famoso industriale dei frigoriferi: tutti ricorderanno la marca Ignis. Ma allora Borghi era un semplice elettricista con la bottega in piazza Minniti. I due ragazzini formano subito una coppia affiatata. Fedele suonava l’armonium e Silvio cantava nel coro e, intanto, studiava su un pianoforte preso a noleggio da sua madre. Il sodalizio musicale proseguirà più tardi con la nascita di un piccolo complesso che serviva a rallegrare le feste studentesche e al tempo stesso a pagarsi gli studi. Durante gli anni del ginnasio e del liceo si uniranno a loro, via via, Adalberto Spinelli, Guido Possa, Romano Comincioli, Federico Butera e altri ancora. Seguiranno Berlusconi in tutte le sue imprese. Furono proprio i compagni di scuola e di oratorio il primo nucleo di quella “squadra” che accompagnò e accompagna Berlusconi nel corso della sua vita di imprenditore e di politico. Molti anni più tardi, parlando ai suoi collaboratori Berlusconi ricorderà che: “eravamo forti perché eravamo amici, tra noi c’era una intesa profonda e una totale identità di valori, c’era un affidamento reciproco, il senso di un impegno e di un traguardo comune, la gratificazione di lavorare insieme e di condividere la gioia dei nostri successi”. Dice Gianni Letta: “Per Silvio la famiglia e gli amici sono i valori principali. Ama avere accanto le persone a cui vuole bene, che ricambiano la sua stima e il suo affetto” (e che lui ama riempire di doni, farfalline principalmente). Ancora oggi, Berlusconi crede nella “squadra”, nel lavoro comune, nei legami forti che nessuno tradisce e rinnega. Se è stata la musica a fargli incontrare Fedele Confalonieri fu invece la passione per il pallone a cementare la sua amicizia con Marcello Dell’Utri. “All’università Silvio mi faceva un po’ da tutore, mi passava i suoi proverbiali “sunti” dei libri di testo. Abbiamo studiato in molti su quelle sue sintesi straordinarie” rievoca oggi Dell’Utri. “Ma fu l’amore per il calcio ad unirci”. Dell’Utri mette in piedi il Torrescalla Club. Silvio è il Presidente, il dirigente accompagnatore, l’allenatore e vince tutti i campionati a cui partecipa nelle categorie giovanili, gli allievi e gli juniores, del calcio milanese. Vince ripetutamente anche contro le formazioni giovanili del Milan e dell’Inter. “Poi per tutti i ragazzi arrivò la chiamata al servizio militare e la squadra si sciolse (presidente e allenatore vincitutto a nemmeno 20 anni! Un predestinato!). Ma molti di loro sono ancora con me. Il centravanti è il nostro fotografo ufficiale”.


GIANNI L’AMBASCIATORE

Letta, una delle figure storiche della “squadra” . Un legame sincero nel nome dell’amicizia e della passione per l’Italia

Uno degli amici più cari di Silvio Berlusconi è sicuramente Gianni Letta, storico direttore de “Il Tempo”, da anni al fianco del Presidente. Già conduttore di “Italia domanda”, una delle prime trasmissioni politiche delle reti di Segrate, e poi vicepresidente della Fininvest. Nel 1994 Letta ha seguito Berlusconi a Palazzo Chigi quale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dopo l’esperienza di Governo, ne è diventato l’“ambasciatore” personale a Roma. Tutti, alleati ed avversari (e in particolar modo all'interno delle mura vaticane...), apprezzano la sua straordinaria capacità diplomatica e la sua riservatezza diventata addirittura proverbiale.


AMICI DALL’UNIVERSITÀ

Marcello Dell’Utri è un altro degli amici di lunga data di Silvio Berlusconi. Legati fin dagli anni dell’università a Milano, dalla passione per i libri e per il calcio

Marcello Dell’Utri è nato a Palermo l’11 settembre 1941, ha studiato presso il Real Collegio Capizzi di Bronte ed ha frequentato poi i gesuiti del “Gonzaga” nel capoluogo siciliano. Conseguita la maturità classica nella sua città natale, compie a Milano gli studi universitari laureandosi in giurisprudenza presso la Statale. Dopo un periodo dedicato allo sport, durante il quale fondò e diresse a Roma una Scuola di formazione sportiva dell’Opus Dei (Centro Elis), torna a Palermo per tre anni lavorando alla Cassa di Risparmio di Sicilia. Nel 1973, Silvio Berlusconi (di cui era diventato amico negli anni dell’università) gli offre l’opportunità di ritornare a Milano per lavorare con lui come suo assistente. Sono gli anni in cui si costruiscono le fondamenta del Gruppo Fininvest e si lavora in un clima di grande entusiasmo (nonostante le bombe ai cancelli delle abitazioni di Silvio). Marcello ne è contagiato e tenta di volare da solo, incoraggiato dallo stesso Berlusconi. Ma dopo una breve e travagliata esperienza all’estero con la Bresciano Costruzioni, preferisce ritornare con Silvio impegnandosi nel settore della pubblicità. Diventa Presidente e Amministratore Delegato di Publitalia ’80, la concessionaria della pubblicità televisiva per le tre reti del gruppo Fininvest e dei networks europei di cui la Fininvest è azionista. Partecipa nel 1994 alla fondazione di Forza Italia, dal 1996 è deputato al Parlamento Italiano e dal 1999 anche al Parlamento Europeo (nota a margine: è anche un frequentatore assiduo di aule di tribunali, in qualità di imputato/testimone). È presidente della Fondazione Biblioteca di via Senato e dell’associazione culturale “Il Circolo” che conta più di cento sedi in tutta Italia. Come Berlusconi è un appassionato bibliografo, conosce a memoria tutta la Divina Commedia, è padre di quattro bellissimi figli (ogni scarrafone etc etc).


CONFALONIERI, QUANDO L’AMICO È FEDELE

Due caratteri forti e leali. Un’amicizia nata nella Milano dell’immediato dopoguerra e proseguita per quasi mezzo secolo sino ai giorni nostri. La storia del lungo rapporto tra “Fidel” e Silvio

Fedele Confalonieri nasce nel 1937 a Milano e cresce, come Silvio Berlusconi, nel quartiere Isola Garibaldi. I due s’incontrano, in una Milano semidistrutta dai bombardamenti, nell’oratorio del patronato di Sant’Antonio, l’unico ritrovo per i ragazzi della zona. Tra i due nasce un’amicizia di ferro: hanno le stesse passioni, il Milan e la musica. Il sodalizio continua anche all’Università. Poi, per un breve periodo, le loro strade si dividono. Berlusconi fonda la “Cantieri Riuniti Milanesi”, costruisce case e il primo appartamento viene acquistato proprio dalla madre di Confalonieri. Anche “Fidel”, come il Presidente affettuosamente lo chiama, fa l’imprenditore in proprio. Ma per poco. Torna con l’amico Silvio e il tandem Berlusconi-Confalonieri si dimostra subito vincente. Negli anni febbrili di Milano 2 e Milano 3, Confalonieri sarà sempre al fianco dell’amico diventando il suo braccio destro e il consigliere principale. Anche, e soprattutto, quando Silvio decide di diversificare le proprie attività. Ma qual è il segreto di questa intesa? Chi li conosce bene non ha dubbi: un affetto profondo, rafforzato da una estrema schiettezza. Fedele non teme di contraddire il Presidente. Le loro animate discussioni, a porte chiuse, sono leggendarie, come leggendaria è la loro perfetta sintonia una volta presa la decisione. Impossibile cercare di separarli. Lo hanno dimostrato, una volta di più, gli eventi del 1994. Quando Silvio scelse d’impegnarsi politicamente, “Fidel” fu certamente tra i più scettici. Ma una volta che Berlusconi decise di “bere l’amaro calice”, Fedele accettò di sostituirlo alla presidenza di Mediaset. Con la malcelata speranza di vedere Silvio, un giorno, tornare a fare l’imprenditore insieme a lui (speranza condivisa anche da tanti altri...).




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