Quella del ferramenta mi sembra una forzatura, ma mi hanno fatto molto ridere il primo fioraio, il terzo abbigliamento e la seconda autofficina, quella che ripara biciclette nuove...
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Ieri è stato approvato al Senato il ddl sul federalismo fiscale, astenuti Pd e Idv, contrario l'Udc.
Bossi plaude al Pd e dice: “E' stato fatto un lavoro importante con la sinistra. Senza la sinistra eravamo ancora in commissione". Insomma la riforma sembra “condivisa”.
Le dichiarazioni di Berlusconi:la pressione fiscale diminuirà(che ha tutta l'aria di essere l'ennesima stronzata); accusa l'opposizione di voler ripristinare l'ICI (?!), ma si dice disponibile a trattare col Pd per qualsiasi testo presentato.
Per Berlusconi "i cittadini sapranno con certezza a chi imputare i disservizi e potranno punire gli incapaci".
Il ddl presentato a ottobre conteneva 22 articoli con l'obiettivo principale di legare le tasse al territorio. Il governo si dava 2 anni di tempo per organizzare la riforma che intende responsabilizzare i gli enti locali, per contenere la spesa. Questo è il succo.
Quindi spendere meno... magari!
Tre le novità:
Maggiore autonomia tributaria per gli enti territoriali. Per finanziare l'erogazione dei servizi, le autonomie locali potranno contare sul fondo perequativo, sulla compartecipazione a tributi erariali e su tributi propri. Grazie ad una proposta del Pd, per i Comuni è previsto un mix di compartecipazione a Iva e Irpef e l'imposizione sugli immobili, ad esclusione della prima casa; le Province potranno contare su una compartecipazione e sui tributi sul parco automobilistico. (Si parla in dettaglio di una nuova “versione” dell'ICI, il tributo unico sugli immobili che i Comuni potranno istituire liberamente [farà sicuramente scendere la pressione fiscale, sisi]; non solo, si parla anche di tassa di scopo: se il comune deve fare un'opera impone una tassa per recuperare i fondi [anche questa farà sicuramente scendere la pressione fiscale])
Passaggio da spesa storica a costo standard. Per ogni servizio erogato dagli enti territoriali, si individuerà un costo standard, cui tutti dovranno uniformarsi. Il costo standard consentirà di determinare, per ciascun livello di governo, il fabbisogno di cui necessita un'amministrazione e quindi l'eventuale trasferimento perequativo cui avrà diritto in caso di entrate fiscali insufficienti a garantire i servizi. (questa sembra buona!)
Verranno create 8 aree metropolitane (Milano, Roma, Torino, Napoli, Palermo, Bologna, Genova, Venezia e Bari), che dovrebbero consentire l'abolizione di 8 province. Che dire, uau. Anche se dubito... a me puzza di livello aggiunto , quindi altre poltrone, altri soldi.
Il fondo perequativo: le regioni più ricche e virtuose daranno a quelle del sud quote Iva senza vincolo di destinazione. Per responsabilizzare gli enti locali. Non mi sembra affatto una “rivoluzione” rispetto al meccanismo dei trasferimenti, devo informarmi meglio comunque, è forse una delle cose meno chiare ( e tutta questa storia del federalismo è un po fumosa, ed è probabile che il testo cambi alla camera, vedremo).
Si perde l'occasione di fare cose che davvero fanno risparmiare soldi (ad es. abolire le province! Magari lasciandole a competenza regionale: ovvero, se vuoi queste province te le paghi tu, come le 4 province sarde “aggiunte”, che non servono a una cippa). Le province costano 115 miliardi di €, se proprio si vuole ottimizzare la spesa perché non cominciare da li?
Invece si moltiplicano le spese, ad esempio per “fare il federalismo” il ddl prevede di affidarsi ad una conferenza permanente per "monitorare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica, verificarne attuazione ed efficacia" e "proporre criteri per il corretto utilizzo del fondo perequativo". Una cosa che fanno già i consigli regionali. Sarà mica che servono altre poltrone? Ed è forse questo il motivo perché non vengono toccate le province?
I tempi poi sono questi: il primo decreto attuativo della delega va emanato entro un anno e gli altri dlgs entro due anni dall'entrata in vigore del testo. La riforma entrerà a regime al massimo entro nove anni dall'entrata in vigore.
Anche la Chiesa diventa 2.0. 19/01/2009 [ Valerio Porcu ]"La Chiesa Cattolica spinge sull'integrazione della rete tra gli strumenti per la diffusione della fede, alla ricerca di una comunicazione migliore con i fedeli. In agenda un convegno dedicato al web 2.0 e un nuovo canale YouTube."Oggi prende uno dei tanti convegni etichettati con l'onnipresente "2.0". Quello che lo rende curioso è il fatto che il tema completo è "Chiesa in rete 2.0", ed è organizzato dalla CEI, la Conferenza Episcopale Italiana.
L'idea è di riflettere sulle potenzialità di Internet come strumento per diffondere la fede cattolica, ma anche sulla formazione informatica. Si parlerà di social networking, tema onnipresente, ma anche di design dei siti delle diocesi (come strumento di comunicazione).
Il tema è una moda onnipresente, questo è certo: chissà se a qualcuno è già venuta l'idea di un "Facebook per cattolici". Cattobook?
Quello che è già diventato realtà, invece, è una stretta collaborazione con Google. Qualche settimana fa Big G ha inaugurato il suo motore di ricerca dedicato ai cattolici, e oggi apprendiamo che anche YouTube entra a far parte degli strumenti online della Chiesa Cattolica.
YouTube ospiterà infatti un canale dedicato al Vaticano, dove saranno presenti video del e sul Papa. Il progetto, che secondo Reuters è "il più importante passo della Santa Sede verso il mondo dei nuovi media", sarà presentato il 23 di gennaio.
Insomma, anche la chiesa di Roma sceglie la rete, se non altro come mezzo secondario. Abbiamo sentito molte volte critiche provenire da quella direzione, a sottolineare la pericolosità della rete, e a suggerire più o meno velatamente la censura.
Probabilmente questa scelta è dettata dal bisogno di comunicare più efficacemente con i fedeli, sempre più in fuga dalle parrocchie e sempre più presenti online. Forse chi non ha voglia di andare a messa, avrà voglia di seguire il Papa su YouTube.
Di certo non si può restare fuori dalla rete. È anche, però, un passo delicato, perché in questo nuovo "spazio divino" la concorrenza è decisamente molto agguerrita, e usa armi poco convenzionali.
Solo pochi, però, possono dire "siamo in missione per conto di Dio" (cit.).