mercoledì 24 febbraio 2010

Pensare fa male

Ammettiamo pure che esista un qualcosa che chiameremo, per convenzione,“essenza“, una sorta di tratto distintivo, la nostra
“impronta attitudinal/coscienziale“ che per necessità deve prescindere dall' esperienza. Stiamo cercando di trovare quella “forma“ che renda possibile la spiegazione di un tal gesto, una tal volontà o una tal specificità di reazione a stimoli vari, sempre al di fuori del dominio empirico. Un pò come dire che
l' individuo e le sue scelte non sono altro la sintesi tra esperienza ed essenza. Il tutto parte da un discorso affrontato con J. In cui io sostenevo strenuamente che tutto, e proprio tutto, ciò che ci riguarda e caratterizza, provenisse esclusivamente dall'esperienza. Tra l 'altro J. che proprio “spiritualista “ non lo si può certo definire, stava implicitamente ammettendo, attraverso le sue teorizzazioni su una ipotetica essenza, la possibilità di un qualcosa molto simile all' “anima“. Una specie di coscienza primordiale ed extra-empirica che sarebbe a capo delle nostre attitudini più “ rudimentali “. Ci riflettevo oggi, sul tram.
Pensavo al vizio del fumo e a come questo vari da persona a persona. Prendiamo i ragazzi che vivono con me, due fumatori su quattro, ed entrambi fumatori “lievi".E' capitato, in alcune circostanze, che mi chiedessero come mai fumassi dopo colazione o in ogni caso più di loro, cercando di persuadermi del fatto che per loro fumare in certe occasioni fosse davvero superfluo. Tipi da 4-5 sigarette al giorno, salvo alcune eccezioni in cui l' alcool richiede più sigarette della norma. Per quanto mi riguarda, la modalità di relazionarmi alle sigarette o a qualsiasi altro tipo di sostanza che crei una certa dipendenza, come droghe o alcool ( n.b. per me sono da considerarsi droghe anche cose quali videogiochi, calcio, insomma qualsiasi vizio che ci propina la società moderna ) è profondamente diverso. Io miro, se vogliamo esser sintetici, all'eccesso in tutto, specie per quelle cose che comunemente vengono definite droghe o presunte tali. Mi chiedevo a proposito se il mio modo di rapportarmi a queste "sostanze“ derivasse dall' esperienza o da questa fantomatica “essenza“. Per dire, ho provato a fumare “ solo dopo i pasti “, ma è stata più una tortura che un piacere, mentre per quanto possa apparire paradossale, mi viene molto più facile smettere totalmente che razionarmi le sigarette. Ovviamente questa peculiarità è applicabile a svariate situazioni che che differiscono da un semplice vizio o una dipendenza da qualsivoglia cosa. E' un mio tratto distintivo. Quest' ultima affermazione, questo “ tratto distintivo “ è ciò che qualche pagina fa ho etichettato come “essenza“, o procede dall'esperienza ? E soprattutto è realmente applicabile a tutto o ci sono situazioni in cui tale specificità della mia persona viene meno? In soldoni, che cosa si intende per “attitudine"? E' questa frutto dell'esperienza? E se cosi non fosse come dimostrare una ipotetica sovra-coscienza pre-natale che come un filamento di dna determina, influenza e accompagna, per un certo verso le nostre scelte?



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3 commenti:

James ha detto...

Prima di tutto definiamo esperienza: io ritengo sia soprattutto nel ricavare delle “leggi” o comunque delle “tendenze” da ciò che ti capita o vieni in contatto anche indirettamente. In seguito, tramite un riflessione, “metabolizzi l'esperienza” e cerchi di farne tesoro per le tue future scelte. Dal tuo punto di vista sembra più un liquido (quello che ti capita) che impregna te stesso e quindi la tua vita e la tua unica riflessione sia relativa a come questo processo si sia attivato e ti abbia cambiato / abbia cambiato la tua vita. Sembri un po troppo spettatore.
Ma ci si sbaglia a valutare i pensieri e le azioni altrui alla stregua dei propri.
In secondo luogo, non ho mai parlato di qualcosa assimilabile ad un'anima. Scusa ma le parole sono importanti. Io mo riferivo al fatto (questa è più che altro una sensazione, molto personale) che guardando indietro a cosa abbiamo (ho) fatto, alla nostra (mia) vita, in quelle che definirei “decisioni importanti” il peso che l'esperienza (e quindi la riflessione) è molto spesso nullo. Eppure c'è qualcosa che lega queste decisioni (importanti per chi?) in un percorso, oserei dire lineare (o quasi).
Credo (scrivo queste cose forse con la presunzione di poterti essere utile) che non sia facile capire tutto quello che ci capita (e questo e accettabile); lo è molto meno capire a fondo certe nostre azioni. E potrai dire che la mia è una soluzione di comodo; non potrei giustificare la “teoria” con la logica, ovviamente no. Ricordo però, di aver fatto riferimento alla coscienza in quella discussione, come qualcosa che mi consente di fare (da un certo punto di vista) a meno del tempo e dell'esperienza stessa. Ma di questo non mi sento di scrivere.
Comunque, non ricordo di aver parlato di “attitudini rudimentali”.
Per il resto, lo sai che sono come te, dipendente da tutto ciò in cui entro in contatto che mi da piacere o che ritengo (magari illudendomi, volontariamente o meno) degne della mia attenzione fino a più che necessarie (in questo caso l'immagine del “liquido” funziona bene).
Prima o poi scopriremo che la strada che percorriamo è quella giusta.

moltitudo ha detto...

se ho ben inteso i termini del problema, credo sia una questione votata alla semplice presa di posizione, senza prove nè conferme.
qualcuno direbbe che la questione è stata bella e risolta da kant prima (con i giudizi sintetici a priori) e dal cognitivismo poi, che si vantano di aver saldato efficacemente la frattura tra empirismo e razionalismo.
e, in un certo senso, anche la ricerca genetica degli ultimi anni sembra dare conferme (parziali) in tal senso.
altri sosterranno la irriducibile originalità e unicità di ogni singolo individuo, senza schemi percettivi o comportamentali prefabbricati, in virtù dell'anima o dell'esperienza.
io personalmente, come ti dicevo oggi di persona, ultimamente faccio mie le parole di bob marley in natural mystic: "I've tried to find the answers to all the questions they ask./Though I know it's impossible to go living through my past", e con questo affetto la questione sul nascere.

saluti,
g

p.s.: visto che te l'ho lasciato, un commento?

tizeta ha detto...

si ragazzi cari, la questione da me sollevata non era certo delle migliori visto che appunto pensatori o scienziati gia da tempo si sono posti tali problemi dando risposte piu o meno precise/pertinenti in merito...ma d' altro canto è un periodo di scarsa forma xcio mi trovo a postare le ultime cacate scritte,come questa, sul sedile di un tram nel tragitto casa universita...e non è da escludere che ne possa pubblicare delle altre...anzi lo faro proprio dopo questo commento...x james,ti dico che il j. anche se quasi apertamente rivolto a te è stato piu che altro una figura di comodo, ho mischiato tue affermazioni a qualche mia idea, non volevo rendessi troppo personale la quostione ma in ogni caso x come te l ho posta sarebbe stato difficile capirlo, xcio mea culpa non tua...x gio, noto con piacere la tua visita e il tuo commento, e mi fa sorridere che senza averlo letto, quasi contemporaneamente sono andato a visitare il tuo blog! lo scazzo dell' una passata, dopo aver straletto le notizie su gazzetta.it e repubblica.... ti sovviene quel blog sul quale ho detto di scrivere e dici, dai cazzo andiamo a vedere un po che c'è di interessante... anche io ho postato qualche commento cmq!